Riceviamo dal Comitato No Fer Selvaggio e pubblichiamo
L’ultima Dataroom di Milena Gabanelli e Andrea Priante, pubblicata sul Corriere della Sera (“Attacco a eolico e solare, chi paga davvero il conto”), fotografa con chiarezza la situazione italiana: prezzi dell’elettricità più alti d’Europa, investimenti in calo e un caos legislativo che frena le energie pulite ma incoraggia la speculazione. Questi stessi problemi si riflettono anche sul nostro territorio. A Montalto e Pescia, come in molte altre zone del Paese, stanno arrivando progetti di grandi impianti fotovoltaici ed eolici a terra, spesso senza un piano complessivo e senza il coinvolgimento delle comunità locali.
1. Prezzi alti e transizione bloccata.
Come ricorda Gabanelli, nel 2024 il prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità in Italia è stato di 108,5 €/MWh, contro i 78 della Germania e i 58 della Francia. Eppure, la crescita delle rinnovabili è più lenta che altrove: +44% in dieci anni, mentre in Germania è +93%. Il problema non è “troppo poco eolico o solare”, ma troppa burocrazia e disordine normativo.
2. Autorizzazioni infinite e leggi contraddittorie.
L’articolo ricorda che per costruire un grande impianto possono servire 70 mesi per il fotovoltaico e 78 per l’eolico, con norme che cambiano di continuo. In questo contesto, a pagare sono i cittadini e i territori, costretti ad affrontare progetti calati dall’alto e iter interminabili che generano sfiducia e conflitti sociali.
3. Regioni in confusione.
Il Dataroom spiega come le Regioni abbiano interpretato in modo restrittivo le regole sulle aree idonee, per evitare proteste, e che una pioggia di ricorsi sta bloccando tutto: Sardegna, Calabria, Piemonte, Friuli… Anche qui a Montalto e Pescia serve chiarezza, non zone grigie o decreti che cambiano ogni tre mesi.
4. L’opposizione dei cittadini non è “nimby”.
In Italia esistono oltre 120 comitati che chiedono solo una cosa: transizione sì, ma pianificata e partecipata. Molti di questi movimenti, come il nostro, non sono contro le rinnovabili, ma contro un modello “selvaggio” che sacrifica paesaggio e agricoltura senza consultazione. La protesta nasce dal bisogno di tutela, non dal rifiuto del progresso.
5. C’è spazio per fare bene.
Secondo il Politecnico di Milano, ci sono oltre 210 km² di aree dismesse adatte al fotovoltaico e 490 km² di terreni agricoli inutilizzati che potrebbero ospitare nuovi impianti, senza toccare le zone produttive o paesaggistiche. Le soluzioni esistono, ma servono visione e volontà politica.
6. Un’opportunità industriale e occupazionale.
Come ricorda l’Università di Roma, la transizione può creare 900.000 nuovi posti di lavoro e ridurre drasticamente i costi energetici. Ma ciò accadrà solo se l’Italia sceglierà una filiera nazionale del riciclo e dell’innovazione, invece di lasciare spazio alla speculazione. La nostra posizione
Il Comitato No FER Selvaggio Montalto e Pescia chiede:
1. Stop ai grandi impianti a terra su aree agricole e paesaggistiche.
2. Pianificazione trasparente e partecipata con i cittadini.
3. Priorità a tetti, capannoni, parcheggi e aree dismesse.
4. Tutela dell’agricoltura locale e del paesaggio toscano.
5. Sostegno alle comunità energetiche, vere protagoniste della transizione.
Le parole di Milena Gabanelli ci ricordano che non è la popolazione a rallentare la transizione ecologica, ma la mancanza di una strategia coerente e di regole chiare. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, per un’energia pulita, giusta e rispettosa del territorio.
