Riceviamo da Sinistra Italiana – Circolo di Tarquinia e pubblichiamo
A due mesi dalla delibera di Giunta n. 160/2025, la vicenda della transazione tra il Comune di Tarquinia e Talete S.p.A. resta avvolta nel mistero. Ci continuiamo a chiedere noi di Sinistra Italiana, se è solo un problema di comunicazione istituzionale, che è partita già con la carente, distratta e sommaria illustrazione che è stata fatta in Giunta dal Segretario comunale, dove non sono stati esibiti tutti i documenti anche se menzionati come allegati o se c’è dell’altro.
Visto che sono soldi pubblici, come è pubblica, almeno per ora Talete con i privati con un piede dentro e uno fuori, i cittadini hanno tutto il diritto di sapere come vengono amministrati i loro beni e rappresentati i loro interessi.
Nel consiglio comunale del 12 novembre, chiamato a chiarire i contorni dell’accordo, a seguito di una interrogazione presentata dal consigliere Bacciardi Renato, il sindaco Sposetti si è limitato a ribadire che “non c’erano alternative”. Ma quando si tratta di milioni di euro pubblici, la città non può accontentarsi di frasi di circostanza.
I numeri parlano chiaro: a fronte di un credito del Comune di oltre di 2,6 milioni di euro, per rate di mutui dovute in base all’accordo sottoscritto con Talete al momento del trasferimento del servizio idrico e per somme che il Comune di Tarquinia aveva anticipato a partire dal lontano 2016, come da deliberazione di Giunta n. 266/2016, Talete si riconosce debitrice di appena 2,27 milioni, con una perdita per le casse comunali di oltre 335 mila euro.
E non è tutto: i pagamenti di queste importanti somme, di cui il Comune è creditore, saranno rateizzate a partire dal 2026 fino al 2041, senza applicazione di interessi moratori, non solo di quelli calcolati sugli anni dal 2016 al 2025, ma neppure sulle future rate che la società dovrebbe corrispondere fino al 2041, salvo compensazioni con i pagamenti dell’acqua pubblica, fornita al Comune, che verrà ovviamente addebitata applicando la tariffa vigente nell’anno di riferimento. In pratica, Tarquinia presta denaro a Talete per altri sedici anni, e pure gratis: una sproporzione che appare decisamente evidente.
E le spese legali, che il Comune si è visto costretto a sostenere per evitare la prescrizione del proprio credito maturato a partire dal 2016 come sono state gestite? Anche queste vengono disciplinate in modo ineccepibile: come se non fossero sufficienti le concessioni fatte dal Comune alla società Talete, nell’accordo viene persino deciso che ogni ente paga le proprie e ad oggi non si ha neppure contezza dell’ammontare di quelle che dovrà pagare il Comune per il proprio legale incaricato. In definitiva la trattativa che viene fuori da una lettura della deliberazione più che una transazione somiglia a una capitolazione amministrativa, che ha il sapore di beffa, accettata senza colpo ferire da chi avrebbe dovuto difendere gli interessi della città.
A pesare come un macigno è anche la mancata trasparenza: lo schema dell’atto di transazione — dichiarato “parte integrante e sostanziale” della delibera — non è mai stato pubblicato. La motivazione ufficiale data dal Segretario comunale nella seduta consiliare del 30.09.2025 è stata che nella transazione una delle condizioni è che non fosse divulgata, mentre nel consiglio del 12 novembre gli amministratori hanno parlato di un obbligo di “riservatezza”: entrambi le risposte appaiono come un insulto al principio di trasparenza amministrativa.
Quando si parla di denaro pubblico, la riservatezza suona come una bestemmia: non è una virtù, è un alibi. L’accesso agli atti non è un optional: è un dovere verso i cittadini. E invece, di fronte alle richieste di chiarezza, la maggioranza alza muri e silenzi e i cittadini ancora oggi restano all’oscuro di come e perchè il Comune abbia accettato condizioni tanto penalizzanti.
Per questo Sinistra Italiana ha protocollato in data 10.11.2025 una puntuale richiesta di accesso agli atti, affinchè possa essere acquisita una maggiore conoscenza dei fatti, e possano essere individuati gli elementi giuridici che sono alla base di una transazione, e cioè la res dubia e le reciproche concessioni che sono intercorse tra le parti.
Sul piano politico, la questione è lampante: chi governa Tarquinia ha accettato condizioni penalizzanti, rinunciando a centinaia di migliaia di euro e persino agli interessi maturati e maturandi. Una scelta che, se non fosse accompagnata da spiegazioni puntuali e documenti pubblici, rischia di apparire come un grave atto di irresponsabilità amministrativa.
La città ha diritto di sapere perché il proprio credito è stato decurtato, perché l’accordo resta segreto, e soprattutto quali vantaggi concreti ne trarrà Tarquinia. Per ora la sensazione diffusa è che a guadagnarci sia stata soprattutto Talete, mentre Tarquinia rischia di pagare il conto – a rate – per i prossimi sedici anni. Fino a oggi, le risposte non sono arrivate. E ogni giorno che passa, cresce la sensazione che più che un successo negoziale, questa transazione rappresenti una resa politica, condotta nel silenzio e pagata, come sempre, dai cittadini.
