Riceviamo e pubblichiamo
Era la prima settimana del mese di settembre del 1938, quando l’archeologo Pietro Romanelli durante gli scavi presso il maestoso basamento del Santuario dell’Ara della Regina, posto su una delle alture su cui si ergeva splendida l’antica città etrusca di Tarquinia, rinvenne in circa cento frammenti, siti ad una profondità media di 2,70 metri, quella che, dopo una minuziosa opera di restauro condotta dal restauratore A. Falessi, diventerà la massima espressione della coroplastica etrusca: il gruppo fittile dei Cavalli Alati.
Pietro Romanelli in un suo articolo pubblicato sul Bollettino d’Arte del 1939, ad un anno dalla grande scoperta dei Cavalli Alati, scrive: – “I frammenti, accuratamente raccolti dal segretario del Museo, Leonida Marchese, che vigilava e seguiva lo scavo, e dal vecchio, fedele custode A. Canducci, furono rapidamente e sapientemente restaurati nel Museo di Tarquinia dal restauratore A. Falessi : alla fine di ottobre 1938 il gruppo veniva esposto nelle sale del Museo.”
Questa straordinaria ed incredibile scoperta fu quindi accuratamente trascritta da Leonida Marchese sul giornale di scavo che, come è possibile vedere presso il Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense nella sezione dedicata ai Cavalli Alati, riporta in una delle foto del giornale di scavo la data del 6 settembre 1938. Bellissimi anche i disegni che riproducono i frammenti.
Dall’accurato restauro eseguito da A. Falessi viene quindi a ricomporsi la magnifica scultura che ormai da 80 anni possiamo ammirare in tutto il suo splendore e la sua meraviglia. La lastra, alta 1,15 metri e larga 1,25 metri, in origine era applicata alla testata del trave sinistro del triangolo frontonale della facciata del tempio.
I Cavalli Alati, risalenti ai decenni iniziali del IV secolo a.C., sono opera di un artigiano etrusco che mostra nel plasmarli una perfetta conoscenza della scultura greca di età classica.
Questo non vuole essere solo un ricordo di uno dei momenti più importanti per la nostra Tarquinia, tantomeno vuol essere fine a se stesso. Vuol essere l’inizio di un percorso di iniziative per conoscere i Cavalli Alati ed il maestoso e “misterioso” tempio dell’Ara della Regina, che li ospitava, e conoscere altresì anche il favoloso palazzo Vitelleschi, capolavoro architettonico del ‘400 cornetano, che ospita i Cavalli Alati ormai dall’ottobre del 1938. Si vuol far conoscere come accademici, appassionati di storia locale, associazioni locali che li hanno scelti come loro logo, e tanta gente, di Tarquinia e non, li amano e ne sono affascinati.
Ambasciatori della nostra Tarquinia sin dal 1938, anno del loro rinvenimento, come prima cosa da fare, i Cavalli Alati devono ritornare ad essere il simbolo turistico della nostra Tarquinia, perché secondo noi non può essere un ippocampo a rappresentare Tarquinia nel mondo in ambito turistico e non, come scelto dall’amministrazione comunale nel luglio 2010, peraltro senza partecipazione e coinvolgimento ne di cittadini, ne di associazioni, a tale scelta.
Alessio Gambetti
Presidente “Associazione Tarquinia nel Cuore”