
Riceviamo dal Comitato No FER Montalto e Pescia e pubblichiamo
Il convegno “Fotovoltaico e aree idonee: facciamo il punto”, tenutosi il 12 maggio alla Camera dei Deputati su iniziativa dell’associazione Italia Solare, ha acceso i riflettori sulla necessità di una pianificazione ordinata per l’individuazione delle aree destinate agli impianti fotovoltaici. Un passaggio ritenuto cruciale dal presidente dell’associazione, Paolo Rocco Viscontini, per garantire autonomia energetica e sostenibilità economica. Tuttavia, mentre si esprime soddisfazione per la crescita del comparto – oltre 38,5 gigawatt installati e quasi 2 milioni di impianti in Italia – non tutti condividono l’impostazione di un processo tecnico e normativo che, secondo alcuni comitati locali, sta procedendo senza un reale confronto con le comunità.
Tra le voci critiche si alza quella del Comitato No FER Montalto e Pescia, che da tempo denuncia l’esclusione della società civile dai tavoli decisionali e la mancanza di trasparenza nella definizione delle cosiddette “aree idonee”, un processo avviato formalmente nel 2019 ma ancora privo, secondo il comitato, di regole chiare e condivise.
“Il rischio – spiegano i portavoce – è che il fotovoltaico venga calato dall’alto senza una visione complessiva dei territori e senza ascoltare chi li abita e li coltiva. Pianificare come un piano regolatore, come affermato da Viscontini, è giusto. Ma un piano regolatore nasce con il contributo della popolazione, delle categorie, degli enti locali. Qui invece stiamo assistendo all’esatto opposto: un’accelerazione decisa da pochi e il blocco di fatto della possibilità di partecipare.”
Il riferimento è alle regioni che, per tutelare le aree agricole, hanno imposto limiti o divieti agli impianti a terra, senza però aprire consultazioni ampie e trasversali. E così la tensione cresce, specie in zone come la Maremma laziale, dove i grandi impianti fotovoltaici avanzano mentre l’agricoltura tradizionale e l’identità rurale rischiano di arretrare.
“Siamo favorevoli alla transizione energetica e all’uso delle fonti rinnovabili – precisano dal comitato – ma ciò non può significare espropriare comunità intere del loro diritto a decidere del proprio paesaggio, delle proprie risorse e del proprio modello di sviluppo. Serve un processo partecipativo, con informazioni pubbliche, valutazioni ambientali trasparenti e tavoli di confronto con la cittadinanza.”
Il comitato ribadisce infine alcune richieste già avanzate nei mesi scorsi: trasparenza totale sui progetti in corso, esclusione delle aree agricole pregiate e di quelle con forte valore paesaggistico, attivazione di tavoli misti con cittadini, sindaci e tecnici, e redistribuzione dei benefici energetici in favore dei territori ospitanti.
“In assenza di questi criteri – concludono – continueremo a batterci contro un modello predatorio che sfrutta il territorio senza restituire nulla a chi lo vive.” Una presa di posizione netta, che intende rimettere al centro del dibattito la questione della giustizia territoriale e del diritto delle comunità a essere protagoniste del cambiamento.
