Lettere al Direttore: “Quel voto oggi non so se lo confermerei”

Riceviamo da Luigi De Pascalis e pubblichiamo

Caro Direttore,
a poco più di un anno dalla vittoria di Francesco Sposetti ti scrivo di nuovo a titolo personale per manifestare delusione e sconcerto che, ne sono sicuro, non sono solo miei.

Ti scrissi allora (e pubblicasti): “Quando si è deciso di attraversare in gruppo la città per andare sotto il palazzo comunale e ho visto il nuovo sindaco applaudito e abbracciato da chi era in strada in quel momento, tra brindisi non previsti e persone che volevano farsi dei selfie con lui e altre che riprendevano la scena con i telefonini dai balconi di casa, ho capito che era accaduto qualcosa di più grande di una vittoria elettorale. Era una festa. Era un coro liberatorio. Era un risveglio dopo anni di timorosa sonnolenza… E proprio questo entusiasmava la gente lungo il nostro percorso. Concetto sintetizzato da un anziano cittadino… che non ha resistito a gridare più volte: “Allora non siamo morti, siamo vivi!”.

Oggi vorrei chiedere a quello stesso signore di cui ignoro il nome se si sente ancora vivo: io no.

Ho contribuito con entusiasmo alla stesura del programma di coalizione nell’illusione che si trattasse di un contratto vincolante in quanto faticosamente concordato e a cui dunque tutte le parti interessate avrebbero dovuto attenersi con scrupolo nell’esercizio del mandato.

Ricordo ancora le interminabili discussioni su ogni parola di quel documento che forse in pochi elettori lessero, all’epoca, e anche in meno ricordano oggi, sia tra i cittadini che, purtroppo, tra chi ha la responsabilità amministrative. Eppure nel suo piccolo era un documento rivoluzionario. Se seguito scrupolosamente avrebbe costituito una svolta importante per Tarquinia, un vero rivolgimento gentile.

Ma si sarebbe dovuti partire dal fatto, forse sottovalutato, che poco più di un anno fa non vinse tanto Sposetti, quanto perse Giulivi col suo discutibile stile di governo.

Ma oggi, mi chiedo, quel 70% di voti che avrebbero potuto essere l’inizio di un profondo rinnovamento sarebbe una meta raggiungibile? Io, sebbene con amarezza, credo di no.

Inesperienza di chi era a digiuno di politica, responsabilità dei gruppi di coalizione qualcuno troppo vorace e qualche altro troppo acquiescente, ingiustificate ma granitiche ambizioni personali, voti raccolti grazie a un sistema clientelare-famigliare duro a morire, incarichi attribuiti in base all’immarcescibile manuale Cencelli: tutto già visto ma non più accettabile. Non con l’aria che tira nel Paese e nel mondo.

E veniamo al famoso programma.

Per chi non ne ricordasse le linee guida, ne riporto di seguito qualche stralcio:

1 – Vogliamo riaccendere nei nostri concittadini la speranza che la rinascita sociale, culturale ed

economica di Tarquinia sia possibile.

2 – Vogliamo che Tarquinia, … dal 2004 Patrimonio dell’Umanità UNESCO, recuperi e rafforzi la memoria del passato… Per far questo punteremo sul Territorio (dal punto di vista agricolo, ambientale e urbanistico), sulla Cultura (di formazione e di consumo), sul Turismo, e sui Servizi al cittadino, considerando l’ascolto un valore fondante del nostro programma.

3 – Vogliamo che le competenze, i tesori e le risorse di cui il territorio dispone siano amministrati da donne e uomini che per novità, onestà, capacità e dedizione sappiano curarne la conservazione, la valorizzazione e il rilancio in una visione che coniughi attenzione al passato, cura del presente e tensione verso il futuro.

4 – Vogliamo che la nostra amministrazione – invece di trincerarsi dietro barriere partitiche, caratteriali e fisiche – sappia aprirsi alle idee, alle professionalità e alle competenze di cui Tarquinia è ricca… indipendentemente dall’appartenenza a questo o a quello schieramento politico.

5 – Vogliamo un progetto politico volto anche alla promozione della Parità e inclusione sociale… Sosteniamo una cultura di rispetto reciproco e di valorizzazione delle differenze, perché solo attraverso il rispetto possiamo veramente prosperare come comunità.

Poi, per sommi capi, c’era il programma vero e proprio: creazione di un tavolo permanente di concertazione tra Comune e cittadini e di un portale del cittadino; istituzione di un “Bilancio partecipativo orientato” che comprendesse un plafond per promuovere e sostenere l’associazionismo; promozione di Tarquinia città d’Arte; ideazione di un programma di welfare (nei limiti delle competenza comunali); creazione di centri di aggregazione; piantumazione di alberi ovunque possibile, anche per contrastare l’emergenza climatica; attenzione alla manutenzione e al recupero di immobili degradati per evitare nel possibile il consumo di suolo; promozione di comunità energetiche; razionalizzazione di aree destinate al parcheggio; tutela di Porto Clementino e creazione di un porticciolo turistico per natanti da diporto; riqualificazione del borgo delle Saline (in un clima il più possibile internazionale!); studio di un piano strategico decennale per eventi di qualità, teatro popolare e scuole di musica, di danza, di arti visive e tanto altro; rilancio del Premio Cardarelli; custodia della memoria di artisti che hanno vissuto e operato nella nostra città (Matta e Mobbs tra gli altri); lancio di Tarquinia come città di antica tradizione ceramica; creazione di un Museo comunale diffuso; riscoperta e valorizzazione di mestieri dimenticati. E poi commercio, sport, artigianato e perfino (giustamente) tutela degli animali da compagnia.

Tutti temi cari a questo o quel partito ma che, una volta inseriti nel programma, sono diventati (almeno nelle intenzioni) patrimonio comune a tutta la coalizione; per cui, se portati a compimento, non avrebbero dovuto più essere considerati alla stregua onorificenze da appuntare su questa o quella bandiera ma frutto degli sforzi di tutta l’amministrazione.

Lascio giudicare a te e ai lettori, caro Direttore, se nei fatti le cose stanno così e lascio anche il giudizio su cosa del programma sia stato realizzato (o almeno messo in cantiere) e cosa no in questo primo anno abbondante della nuova amministrazione.

Personalmente mi viene da dire: altro che rivoluzione gentile, altro che rinnovamento, altro che Tarquinia città della cultura! Non so dirti però se manchino le basi, le idee o la volontà; ma so per certo che io, come buona parte di quel 70% di cittadini che ci hanno creduto, mi sento di nuovo soffocare e quel voto non so se oggi lo confermerei.

Eppure, siccome la speranza è dura a morire, dico anche che non è tardi, che di tempo ce n’è ancora un bel po’. Basterebbero l’umiltà di riconoscere che finora qualche cosa non è andata nel verso giusto e la voglia per cambiare rotta, ma una voglia forte, decisa.

Ecco, caro amico, da cittadino come tanti che ha creduto a un sogno comune, questo avevo sul gozzo da un po’ e questo ho sentito il bisogno di condividere con te e i lettori. Spero che queste riflessioni banali ma diffuse tra i tarquiniesi spingano qualcuno dentro e fuori dal palazzo comunale a rimboccarsi le maniche per il bene di questa bella città. Intanto ti ringrazio per l’ospitalità.