Fermatevi che io scendo: “Tanto tuonò che piovve. Sul Pidocchio”

di Attilio Rosati

Questa è la storia di un incidente annunciato, che tutti sapevano sarebbe accaduto e quindi, per definizione, evitabile.

Una ragazza tarquiniese e un automobilista residente a Viterbo hanno inaugurato quella che potenzialmente potrebbe essere una lunga sequela di incidenti causati dall’irrazionale, inspiegabile pericolosità del famigerato svincolo della complanare del Pidocchio.

Per buona sorte e non per umana accortezza non è morto nessuno e le due malcapitate vittime della superficialità umana potranno raccontare questo infelice capitolo della loro esistenza, ma sciocco è colui che si affida alla benevolenza della sorte e non all’ingegno e alla prudenza.

Lo svincolo del pidocchio è un’opportuna complanare, una buona scorciatoia, ma è anche, per come è congegnato il suo imbocco e per le dimensioni troppo anguste per una strada che essendo incardinata fra i campi può essere transitata anche da mezzi agricoli, una trappola potenzialmente mortale.

Nulla di realmente concreto è stato fatto per disinnescare questa bomba ad orologeria, ma ogni giorno che passa invano, nell’inerzia e nella superficialità, è un chiodo che si pianta sula bara del buon senso e del vivere civile. Rendere le strade cittadine sicure e agevolmente percorribili, a maggior ragione se utili ed evitare disagi, pedaggi e balzelli, è un obbligo fondamentale ed ineludibile. Trarre vantaggio dall’incidente avvenuto, in termini di interventismo, decisionismo e buona gestione, è un dovere. Siamo sicuri che le autorità preposte, a tutti i livelli, se ne rendano perfettamente conto e non mancheranno di provvedere con la tempestività che la situazione richiede.