Luigi Daga lo ricorda così:
Nella professione medica, come in politica, ci sono due modi per intendere ciò che si fa, due modi alternativi. Uno lo stiamo vivendo oggi, purtroppo, con le vicende penali che coinvolgono ministri e pubblici amministratori. Domenico Emanuelli ha rappresentato invece l’altra politica e l’altra sanità, quella che interpreta i bisogni delle persone, soprattutto le più deboli, che ne sa cogliere le aspirazioni, che antepone il bene comune all’egoismo. Emanuelli rappresenta l’altra faccia della medaglia, nella sanità e in politica, resa pulita dal volto umano suo e di quelli del suo stampo.
Nico, così lo chiamavano in famiglia (e così si chiama suo nipote) nasce a Roma il 4 ottobre del 1910 in Via degli Scipioni, 10 nel quartiere di Prati, da Carolina Verdolini e dal padre Angelo, un imprenditore affermato che ha costruito l’intera rete dei servizi del suo quartiere. Si prospetta per lui una vita agiata, ma a 15 anni perde entrambi i genitori e subito dopo perde una gamba a seguito di una malattia mal curata. La sorella lo accoglie in casa e, pur tra mille difficoltà fisiche ed economiche, riesce a laurearsi in medicina a 24 anni. Viene assunto con la qualifica di assitente chirurgo al Pio Istituto Santo Spirito di Roma, un ospedale considerato il più grande centro di chirurgia inItalia.
Una scuola senza uguali con maestri illustri, come Stipa, Egidi e De Lollis. Al Policlinico conosce Nevia; si sposano il 31 agosto 1941, in piena guerra. A Tarquinia hanno da poco costruito il nuovo ospedale ed il primario, Enrico Giupponi, lo convince a trasferirsi lì, come aiuto. Si ritrova a 30 anni primario di fatto, perché Giupponi spesso è impegnato a Roma. Ha acquisito al Santo Spirito una professionalità enorme accompagnata da un’eccezionale dedizione al lavoro e da una totale disponibilità per tutti. Non ha orari, di fatto vive in ospedale. Allora la sanità non era gratuita, ma lui non si faceva pagare quasi da nessuno, restando così povero tra i poveri. In quegli anni è aperta a Tarquinia la 1^ scuola di paracadutismo presso l’aeroporto Amerigo Sostegni”.
Diventa la sede della Divisione Folgore. 5.000 ragazzi di una disciplina appena sorta, privi di esperienza. E nelle esercitazioni decine di incidenti che rendono sempre più affollato l’ospedale di Tarquinia. Non è un ospedale militare ma poco ci manca. Ho ritrovato lettere di paracadutisti che lo ringraziano per la sua dedizione al lavoro. E’ iniziata la guerra, siamo in pieno fascismo e, all’interno dell’Ospedale, Emanuelli organizza clandestinamente la Resistenza al Regime. Durante la guerra l’ospedale diventa un centro di collegamento con le truppe alleate anglo-americane. Il 1942 è anche l’anno della nascita di Marco, suo figlio. Già nel 1943 l’Alto Lazio è stretto nella morsa delle truppe naziste guidate dal Generale Kesserling. Emanuelli è il coordinatore della Resistenza e funge da collegamento tra le bande partigiane dell’Alto Lazio e le truppe alleate, un’autorità riconosciuta da tutti, come certifica il generale Alexander comandante supremo delle forze alleate nel Mediterraneo, che lo nomina sindaco il 21 giugno 1944, quando ancora la guerra infuria. Tutti lo ritengono la personalità più affidabile. Iniziano già nel 1944 le lotte contadine per l’occupazione delle terre. Lo vedono in prima linea. Viene eletto sindaco a furor di popolo nel 1946 e nel 1948 deputato al Parlamento nelle liste del Fronte Popolare che vede unita la sinistra. Diventa protagonista delle leggi di riforma sanitaria a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori confrontandosi con Gronchi, Giolitti, De Gasperi ed altri illustri parlamentari. Quasi tutti ammettono le sue ragioni. Prosegue la sua presenza in Ospedale e in Parlamento nonostante il male gravissimo che lo ha colpito.
Morirà l’8 settembre 1950 a soli quaranta anni. Noi vogliamo ricordarlo con le parole di Giovanni Gronchi, allora Presidente della Camera dei deputati e successivamente eletto Presidente della Repubblica: “ Servì la scienza con fervore di missionario. Fu durante la sua benefica opera che le emanazioni dei raggi Roentgen lo colpirono. Egli pur consapevole dei pericoli e della lenta inesorabile sua distruzione, non volle mai abbandonare il suo lavoro”. Tutto il popolo di Tarquinia, senza distinzione di partito, di sesso e di classe lo accompagnò al cimitero e durante il percorso ognuno aveva qualcosa da raccontare della sua vita, del bene che Emanuelli gli aveva fatto e delle preoccupazioni per i suoi malati fino alle ultime ore di vita.