Il FAI per l’Arte: conferenza sul manierismo e visita alle opere donate dall’antiquario Gianfranco Luzzetti

Riceviamo e pubblichiamo

Una nuova iniziativa per l’arte organizzata dalla delegazione FAI di Grosseto: sabato 24 febbraio, alle 17 e 30, al Museo Archeologico cittadino, si terrà la conferenza dal titolo “Il manierismo a Firenze”, tenuta dall’architetto e storica dell’arte Vera Giommoni. L’iniziativa prevede la visita alle due straordinarie opere donate dall’antiquario e collezionista d’arte, Gianfranco Luzzetti, al Museo Archeologico e d’Arte della Maremma.

La prima opera è la “Pietà” di Ludovico Cardi detto Cigoli (Pisa 1559 – Roma 1613), un olio su tela del 1599 di 193×143,5 centimetri. Cardi Ludovico, detto il Cigoli, nato da una nobile famiglia, le cui origini risalivano al Gualandi di Pisa, fu tra gli iniziatori del barocco fiorentino.

La seconda opera è la “Sacra famiglia con San Giovannino e Santa Elisabetta”, un bellissimo olio su tela del 1601, di dimensioni 167,5×114,5, realizzato da Santi di Tito (Sansepolcro, Arezzo 1536 – Firenze 1603), pittore e architetto italiano, una delle personalità più influenti della pittura fiorentina nella seconda metà del Cinquecento. Entrambe le opere provengono da Firenze, dalla collezione Luzzetti.

La conferenza è aperta a tutti i cittadini con ingresso a offerta.

Si difende ciò che si ama e si ama ciò che si conosce. Questo è il motto del FAI, la Fondazione Ambiente Italiano, che dal 1975 porta avanti la sua  missione di tutela del patrimonio artistico, culturale e architettonico d’Italia, unito all’impegno per l’educazione all’amore e alla conoscenza dell’arte, attraverso iniziative con il coinvolgimento di esperti, come nel caso di questa conferenza sul “manierismo”. Grazie al contributo di aziende, di istituzioni e della gente comune, ma soprattutto grazie all’esercito di volontari, il FAI dal 1975 ad oggi, ha salvato, restaurato e aperto al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico italiano.

Il manierismo a Firenze
Tra sperimentalismo anticlassico e raffinata licenza stilistica
A cura di Vera Giommoni

La nozione di “manierismo” comporta una diversa e più sottile scansione della periodizzazione del Rinascimento, cultura così dinamica, a cavallo tra uno statico Medioevo ed una vivace Età Moderna, da farci metter in dubbio l’adozione compatta di un rigoroso classicismo.

Normalmente i fatti artistici non possono essere spiegati solo in base a rigidi schemi di riferimento, ma in connessione e come riflesso di particolari situazioni culturali, come di fronte alle contraddizioni che determinarono i sentimenti delle nuove generazioni. Le mutate condizioni storico-politiche quali il sacco di Roma, il ritorno dei Medici a Firenze e le dominazioni straniere, in aggiunta alla crisi della visione laica rinascimentale, che vede il controllo del dogma controriformista sulla ragione, fanno sì che la bellezza e il rigore dell’età classica non possano più essere sufficienti. Ed allora si introdussero il gigantismo, l’abnorme, la disarticolazione delle forme e la loro soggettivazione e la crisi si chiamò manierismo.

Ma la poetica non fu solo anormativa, irrazionale, antinaturalistica, bensì rivelazione della tensione generata dalla conciliazione di opposti inconciliabili: le dinamiche dell’espressione della bellezza nel passaggio da una concezione empirica regolata da principi di oggettività, razionalità, regolarità, proporzione ed ordine, ad una spiritualizzazione, ma non negazione ascetica, del mondo. Si abbandonò la finzione dell’opera come tutto organico per abbracciare un insieme di elementi eterogenei, molteplici e vari: il commovente, il meraviglioso e il verosimile, un labirinto in cui perdersi felicemente.

La troppo mutevole realtà non era più rappresentabile in sé, ma secondo modelli che aprissero ad una tormentata modernità e raccontassero non tanto il bello ideale, ma nuovi sentimenti del gusto e dello stile. «Mancandoci ancora nella regola, una licenzia, che non essendo di regola, fosse ordinata nella regola e potesse stare senza fare confusione o guastare l’ordine».

 (Giorgio Vasari Proemio della terza parte di Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti (1568)

In conclusione, Firenze rimase, fino alla fine del secolo, il centro della più raffinata cultura figurativa. Poi, alla fine del Cinquecento, il tardo manierismo, pronto a passare dalla sfera dell’arte a quella del costume e della vita sociale, tornerà a riflettere sull’origine e sul fine culturale di ogni attività umana e chiuderà il cerchio riprendendo e sviluppando la concezione classica, ma con la tutela dell’acquisito potere primario dell’immaginazione.