di Francesco Rotatori
“La v
E quali personaggi, se non gli artisti, sono stati i più attenti a descrivere quella che Gustave Flaubert nell’Educazione Sentimentale definisce “la fantasia violentemente distorta da immagini piacevolissime, dove ogni passo ti avvicina alla felicità”?
Ed è così che l’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano ha deciso di ospitare una retrospettiva dedicata a queste eccezionali personalità che hanno saputo darci il miglior ritratto di un’epoca di trasformazioni sociali, politiche e culturali quali quella in cui si ritrovarono a esercitare.
Dal Musée d’Orsay IMPRESSIONISTI. Tête à tête intende analizzare attraverso una rassegna di sessanta capolavori – per lo più ritratti, e qui si comprende la mancata presenza di Monet, il quale aveva in odio tale genere – quel mutamento fondamentale che ha posto le basi dell’arte contemporanea: non più la storia del passato, né tanto meno i miti, cancellate le ascose allegorie e scomparsa ormai l’ossequiosa religiosità, l’attività artistica si concentra sulla vita moderna, caricandosi di una vitalità e di una verità tali da renderli passaggio obbligato per il futuro. Dopo di loro qualsiasi genere che andava in voga nelle ere precedenti sarà dichiarato e bollato come sorpassato, in quanto lontano da quell’attenzione scrupolosa per il mondo quotidiano che in letteratura erediteranno Zola e in Italia più tardi Verga.
Accanto a Manet figurano Bazille (Il ritratto di Renoir, 1867), Degas (Jeantaud, Linet et Lainé, 1871, che propone le figure di tre suoi commilitoni), Cézanne (Donna con caffettiera, 1890-1895 e il celebre Giocatore di Carte, 1890-1892, cui riguarderanno con cura Picasso e il cubismo), Rodin (Victor Hugo, 1897) e Renoir (la famosa e scalpitante Altalena del 1876).
Dal 15 ottobre 2015 fino al 7 febbraio 2016 non dimenticatevi dunque di offrire alla vostra mente e ai vostri sensi un viaggio in quel passato che è stato la radice delle Avanguardie e degli stravolgimenti novecenteschi, alla ricerca di quei pittori “che amano il loro tempo…cercano prima di tutto di penetrare figure prese dalla vita e le hanno dipinte con tutto l’amore che provano per i soggetti moderni” (E. Zola, 1868).