Da ragazza ero molto felice. Non solo perché ero giovane e avevo un carattere naturalmente spensierato, ma anche perché mi sentivo parte viva di un’Italia fresca e vivissima che – a torto o a ragione – veniva universalmente percepita come bella, solare, ricca di arte e di cultura e vibrante di dolce vita. Soprattutto elegante e raffinata.
Insomma, per me era bellissimo. Bellissimo. Bellissimo come solo un italiano delicato e non necessariamente provvisto di mandolino poteva inconfondibilmente essere. Ma, quello che a mio modo di vedere, dava vera sostanza alla sua bellezza consisteva nel fatto che lui non era un italiano cialtrone. Era bravo. Sicuramente, infallibilmente bravo e affidabile fino all’ultimo dei suoi film (di professione faceva l’attore cinematografico) e fino all’ultimo dei suoi giorni.
Ha gli occhi furbastri, faccia larga, belloccia e piaciona, sorriso vacuo di italiano in crociera, ma ciò che più mi imbarazza è la cravatta da sera a forma di farfallone carnivoro, che grida vendetta al cospetto di Dio e di Armani. Il tutto ormai per sempre collegato, nell’immaginario collettivo universale, all’immagine di una nave bella e bianca, lasciata affondare insieme ai suoi passeggeri per gioco tra scoglietti gentili e spumosi in un tratto di mare tranquillo che non avrebbe voluto essere mai disturbato.
Chissà, chissà con quale grazia garbata, con quale intelligente gusto delle proporzioni umane e sartoriali, il nostro Marcello a suo tempo annodava le sue giuste cravatte da sera guardandosi allo specchio senza prendersi troppo sul serio. A lui, a Marcello, non servivano cravatte vistose o farfalline sfacciate, perché lui, Marcello, aveva gusto, stile e ironia. L’inimitabile Italian Style, lieve e perfetto che, a quanto pare, ormai non c’è più.