di Luciano Marziano
Nonostante proclami altisonanti, si deve, purtroppo, rilevare come l’Amministrazione dei Beni culturali, in Italia, goda di scarsa considerazione che ha palesi riscontri nella pochezza di assegnazione, rispetto ad altri Dicasteri, delle risorse economiche che ammontano a percentuali dello zero e qualcosa, nonché nei Ministri che si sono succeduti . Un capitolo questo di memorabile insipienza legato a personaggi come Vernola, Antoniozzi, Gullotti, Facchiano, Bono Parrino protagonista di un’epocale e risibile intervista rilasciata a Paolo Guzzanti infarcita di borzette (sic) e pier (sic) sospinto, fino ad un ultimo e frastornato Galan. Ma forse occorre richiamare una generalizzata distrazione della cosiddetta opinione pubblica che consente cotali deficit impensabili in altri settori. Si pensi alle reattività dinanzi a chiusure di stabilimenti industriali, agli interventi sul territorio che possono anche pervenire manifestazioni ai limiti della illegalità come accade per la pur comprensibile reazione per il passante ferroviario TAV in Valsusa.
In ogni caso, è fuori di dubbio che il patrimonio culturale italiano è esteso, ramificato. Una estensione che non potendo essere adeguatamente vigilata e, di conseguenza, salvaguardata, si presta alle sciagurate sottrazioni illegali messe in atto da individui che avendo quale primario scopo il profitto, operano con ogni mezzo provocando profondi disastri poiché, specie in ambito archeologico, la sottrazione conseguita con scavi disinvolti e con mezzi invasivi (picconi, scavatrici ecc.) oltre alla perdita dell’oggetto sconvolge e annulla quella che, in fondo, è la primaria funzione delle ricerche archeologiche cioè la testimonianza del contesto ambientale quale primaria fonte di conoscenza storico-culturale. I protagonisti di questa aggressione costituiscono un circuito omertoso di scavatori, i cosiddetti tombaroli, mediatori, mercanti, gallerie, musei, collezionisti privati che, generalmente, hanno sede all’estero con predominanza dell’America e del Giappone.
Ma qual è il livello e destino oggi della grande razzia? Mentre Giuseppe De Rita che firma la prefazione al testo manifesta un certo ottimismo, Isman avanza dei dubbi che abbia a scemare. E si spera ardentemente che così non sia.