Quello compiuto da Marco è un percorso di ricerca nel territorio del Viterbese, o poco oltre, con l’interesse concentrato sul prodotto delle attività vulcaniche: sulle rocce, quindi, dal tufo al peperino, dalla basaltina al caolino e via dicendo.
“L’idea di fondo è stata di “ricombinare” il magma portato in superficie dai vulcani della nostra zona – spiega Marco Vallesi – ed è nata proprio dalla considerazione che, superando la temperatura di fusione dei singoli materiali, si poteva far “dialogare” i vulcani laziali attraverso gli smalti ceramici che essi, una volta rifusi, avrebbero potuto formare, magari interagendo anche con altre materie “territoriali” (rocce sedimentarie, ceneri, sabbie, argille)”.
Una parte dei risultati che ne sono derivati saranno sotto gli occhi del visitatore, sia negli oggetti d’arredamento esposti che nelle fotografie che – tra curiosità e stupore – mostrano i microscopici e spettacolari effetti delle sperimentazioni.
“Utilizzando la ventina di materiali già disponibili – conclude Vallesi – la ricerca sarà ancora molto lunga e, presumibilmente, potrebbe non avere fine. Recuperando altri materiali la sperimentazione si potrebbe arricchire con altri risultati ma, dato il numero pressoché infinito delle variabili coinvolte, potremmo solo registrare l’impegno nel provarli e il successo – quando ce ne fosse – nell’essere stati dei modesti emulatori della natura nella ricerca più affascinate e ardua: quella della bellezza”.