Oxford e Cambridge a Tarquinia con l’Università degli Studi di Milano

Riceviamo e pubblichiamo

La Civita di Tarquinia si anima anche quest’anno della presenza di studenti e ricercatori dell’Università degli Studi di Milano che dal 1982 fanno rivivere l’antica città etrusca con le campagne di scavo e ricerca condotte in concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e Ambientali, sotto l’egida della Soprintendenza competente.

Tutti sono impegnati nelle attività della missione interdisciplinare del Centro di ricerca Coordinata “Progetto Tarquinia” della medesima Università, diretto da Giovanna Bagnasco Gianni, docente di Etruscologia al Dipartimento di Beni culturali e ambientali. Al Centro afferiscono colleghi del Politecnico di Milano e delle Università di Oxford e Cambridge.

Più tematiche sono state scelte quest’anno, dal restauro ai fini della musealizzazione delle aree archeologiche, allo studio dei reperti ceramici e dei resti dal regno vegetale e animale che sono stati raccolti nel corso degli anni.

Il ‘complesso monumentale’ della Civita diventa così teatro di numerose attività sul campo volte alla presentazione al pubblico di quanto è emerso nel tempo nello scavo archeologico grazie alla sperimentazione di nuove tecniche per lo studio degli aspetti naturalistici.

Questi studi in particolare permettono di individuare le necessità della comunità antica e le strategie elaborate per rispondervi, dando indispensabile supporto ai metodi della tradizionale ricerca archeologica.

A partire dai campioni raccolti sul campo le linee di ricerca che verranno perseguite riguardano i risultati della flottazione ottenuta con una strumentazione realizzata dalla ditta Giorgio Orfini su disegno del professor Simon Stoddart dell’Università di Cambridge e dei suoi collaboratori che ne hanno messo a punto il funzionamento. Questa strumentazione (foto) riproduce in piccolo la situazione dei corsi d’acqua in cui i materiali pesanti trascinati dall’acqua restano sul fondo mentre quelli leggeri restano in superficie. Grazie a questo strumento, replicato in poche copie nelle Università europee, è possibile raccogliere sul fondo elementi pesanti come semi mineralizzati, frammenti di ossa ecc. e in reticelle appositamente predisposte quelli più leggeri come semi e carboni.

A questi prelievi si affiancano quelli di resti ossei animali, fondamentali anch’essi per individuare le differenze fra specie locali e importate attraverso contatti con altre popolazioni anche provenienti dal resto del Mediterraneo, la cui presenza si individua già da tempo grazie agli studi sulle forme architettoniche e sulla ceramica.

Come si può capire quali sono le specie del regno animale e vegetale effettivamente locali? È necessaria una serie di analisi volta a individuare elementi chimici in traccia che ricorrono sia nelle piante sia negli animali sia nel suolo. Sulla base della coincidenza di questi elementi si può cogliere il segnale che la natura tarquiniese manda e tracciarne una sorta di carta d’identità. Questo è determinante per dare una provenienza alla ventina di individui sepolti nell’area sacra la cui impronta viene studiata nello stesso modo. Si tratta di individui che risultano in gran parte sacrificati grazie agli studi di paleoantropologia condotti dal laboratorio LABANOF dell’Università di Milano, diretto dalla professoressa Cristina Cattaneo, anch’esso afferente al Centro di Ricerca. Il risultato di questo lavoro porterà a individuare i comportamenti e le credenze degli antichi abitanti di Tarquinia secondo una modalità di ricerca supportata in maniera interdisciplianre dalla competenza di molti studiosi.

Oltre agli studenti dell’Ateneo milanese, traggono giovamento da questa particolare pagina della ricerca scientifica studenti dell’Università di Oxford, guidati dalla professoressa Charlotte Potts per il quinto anno consecutivo, che partecipano alla Field School organizzata con l’Università degli Studi di Milano e la British School at Rome. Essi danno il loro contributo all’internazionalizzazione della conoscenza.

Il vantaggio per gli studenti delle Università di Milano e di Oxford è essere infatti coinvolti direttamente in un tipo di ricerca interdisciplinare che si è ora strutturata in più linee di ricerca a partire dalla raccolta dei campioni, dalla loro analisi e dalla loro elaborazione. Il futuro del progetto è dunque costruito su questo presente interdisciplinare e internazionale che continuerà a portare frutto alla ricerca attirando sempre maggiori competenze e collaborazioni. Come ormai continuamente dal 1982 questo progetto continua a avere una ricaduta positiva per la comunità locale e per il grande pubblico in termini di conoscenza e fruizione.