Angelo e Andrea, nonno e nipote, campanari del Cristo Risorto pronti a scandire di nuovo l’emozione della città

Salire lassù, sul punto idealmente più alto della città, mentre la città lentamente si carica di adrenalina e attesa, e aspettare sino a poter scandire, in modo quasi liberatorio, il culmine della tradizione più unitaria è sentita di Tarquinia.

Angelo Pontani da circa venti anni è il “campanaro” della domenica di Pasqua Tarquiniese: sale cioè sulla torre dell’orologio del palazzo comunale della città tirrenica e suona a festa in campanone per celebrare la corsa del Cristo Risorto, che si avvia e conclude pochi metri più in là, nella chiesa di San Giuseppe. E da qualche anno con lui cMè il nipote Andrea, pronto a raccoglierne il testimone.

“In passato suonavano tante campane a Tarquinia per la Pasqua – ricorda Angelo – poi la tradizione si stava perdendo e una ventina di anni fa iniziai a salire sulla torre per suonare. Che non è compito proprio lieve, per cui da qualche anno sale con me mio nipote, e adesso scampana più lui che io”.

“Ho iniziato a salire col nonno quando ero piccolo – spiega Andrea – poi via via ogni tanto mi faceva suonare, e adesso è un compito quasi tutto mio. E che emozione! Sali in cima quando nessuno ancora volge attenzione al campanone, poi quando arriva al culmine la processione senti il calore e gli applausi della gente, sai che sono felici di sentire quei rintocchi”.

La tradizione vuole che il primo segnale la campana lo dia prima dell’avvio, per avvisare i cittadini che il corteo sta per avviarsi. Poi il saluto quando il parroco benedice i portatori, quindi quello che accompagna l’uscita della statua dalla chiesa. Infine, i rintocchi che scandiscono la salita in piazza Matteotti e io tratto finale, sino al ritorno a San Giuseppe. “Abbiamo suonato anche nelle due Pasque senza la processione: ma che avvilizione! La piazza deserta, non passò nessuno! Non vediamo l’ora di rivivere l’emozione appieno”