Cipolla della Selva e patata delle Macchie verso la definizione del disciplinare di produzione

Riceviamo e pubblichiamo

Belle da vedere e buone da mangiare: la cipolla della Selva e la patata delle Macchie, sono due antiche cultivar della montagna, che hanno in comune non solo il territorio di appartenenza, il Monte Amiata, ma anche un futuro importante.

In un convegno a Santa Fiora è stato fatto il punto sul percorso di valorizzazione, avviato nel 2016 daGenomamiata, la più importante associazione amiatina dedita alla salvaguardia dei genomi animali e vegetali, in collaborazione con i Comuni di Arcidosso e Santa Fiora, l’associazione per la Selva, lo studio Agricis, con il contributo scientifico del Cnr –Ivalsa e dell’Università di Siena, dipartimento Scienze della Vita.

“E’ un percorso che porterà negli anni opportunità di sviluppo per la montagna – commenta Federico Balocchi, sindaco di Santa Fiora – facendo leva sulle produzioni autoctone di qualità e sul legame tra alimento e territorio. Ha quindi una doppia valenza: ambientale perché spinge verso il recupero dei campi e quindi la cura del territorio e sociale perché è in grado di generare reddito complementare e dando ai cittadini un motivo in più per decidere di rimanere e di investire qui.”

Un contributo importante arriva dai terreni di origine vulcanica, in cui vengono coltivate la cipolla della Selva e la patata delle Macchie, che rendono unici questi prodotti: la stessa varietà coltivata altrove darebbe un risultato completamente  differente in termini di caratteristiche e di sapore.

Il percorso di valorizzazione delle due cultivar è iniziato con un protocollo d’Intesa tra i Comuni di Santa Fiora e Arcidosso e Genomamiata che ha portato all’attuale stato dell’arte: gli istituti di ricerca sono impegnati in un complesso lavoro di caratterizzazione, in modo da definire le caratteristiche che dovranno avere le due produzioni per essere la cipolla della Selva e la patata delle Macchie. L’università di Siena sta conducendo analisi di tipo qualitativo sensoriale, sulle caratteristiche organolettiche e sulle qualità salutistiche. Parallelamente si sta sperimentando la coltivazione di diverse varietà locali. Le associazioni con i Comuni stanno lavorando per il coinvolgimento del territorio, in particolare degli agricoltori locali, in modo da ampliare la produzione che al momento è limitata.

“L’obiettivo – spiega Giovanni Alessandri di Agricis – è arrivare a definire un disciplinare di produzione di entrambi i prodotti, registrare il marchio e il logo. Sarà un marchio collettivo, chi deciderà di produrre queste cultivar dovrà attenersi rigorosamente al disciplinare.

Se ci sarà abbastanza produzione, si potrebbe arrivare alla denominazione di origine protetta. Insomma, si tratta di un percorso che ha grandissime potenzialità per il territorio, non solo guardando alla commercializzazione del fresco, ma anche pensando ai trasformati”.

Il convegno- aggiunge Alberto Balocchi consigliere comunale di Santa Fiora  – ha visto la partecipazione di oltre 70 persone, significa che sta crescendo l’attenzione del territorio su questo progetto”.

Nel corso dell’iniziativa è stata presentata un’esperienza simile che riguarda Abbadia San Salvatore: la pera picciola. Loro hanno già registrato il marchio, stanno ampliando la produzione e iniziano a lavorare sui trasformati.

Dove si compra la cipolla della Selva: al momento chi volesse assaggiare la cipolla rossa della Selva la può trovare all’alimentari di Dondolini Mariella a Selva.