“Disturbo della quiete pubblica” di Riccardo de Torrebruna: sul palco anche Maria Federici e Rachele Luzi

di Pino Moroni

Nei favolosi anni’60, John Cassavetes con i suoi sodali (Gena Rowlands, Ben Gazzara, Peter Falk, Seymour Cassel, John Marley, ecc.) tentava come autore e regista indipendente tra gli indipendenti (Actor’s Workshop off Brodway, New American Cinema) di cambiare le regole e le prassi che, sotto la spinta di produttori e managers, avevano avuto sempre lo scopo di far sentire gli attori solo a disagio.

Che strano tipo dicevano i benpensanti a New York di John Cassavetes, che nella ricca e famosa Hollywood era attore richiesto e premiato di Blockbusters (Contratto per uccidere di Donald Siegel, La sporca dozzina di Robert Aldrich, Rosemary Baby di Roman Polanski) ma a New York, riscriveva e produceva, senza alcun soldo, come in un laboratorio da esperimento, il tema della finzione dentro la finzione, con una originalità poco riconosciuta e ricompensata. “La vita è teatro ed il teatro si fa vita; si recita quotidianamente mentre il palcoscenico diventa il momento liberatorio della verità.”

Contro la squallida routine dell’epoca in ogni classe sociale Cassavetes cercava la sua possibilità di creare il personaggio, rimettendo gli attori nel loro ruolo fondamentale, in totale libertà ma con sfaccettature profonde. “Nell’improvvisazione vengono fuori i sogni – diceva – . Voglio restituire la verità emotiva e questo è possibile solo dando all’attore l’autonomia di vivere la propria parte e crearla al momento”. E lo realizzava in opere (Ombre, Una moglie, Volti, La sera della prima) in cui un lavoro collettivo svolto insieme ad un gruppo di collaboratori fedeli mirava a far emergere, mediante appunto ad una buona dose di improvvisazione su un semplice canovaccio, la reale personalità dell’interprete.

Fin qui le idee innovative di un precursore come John Cassavetes: Disturbo della quiete pubblica, commedia di Riccardo de Torrebruna (dedicata a John Cassavetes) è sicuramente nel solco di quella proclamata autenticità. Nelle sue note di regia dice Riccardo de Torrebruna “Gli snodi della situazione che Cassavetes mette in scena non sono mai il risultato di un artificio narrativo, ma il frutto di una esplorazione profonda dell’umanità dei suoi complici più testardi, i partners di una vita spesa al massimo”.

E’ riuscito de Torrebruna a far interpretare al suo collettivo una poetica così complessa?

Il filo conduttore è indubbiamente la grande attrice (Alexia Germani), una donna sull’orlo di una crisi di nervi, che già con un suo problema di invecchiamento, non vorrebbe recitare proprio una parte decadente. Si trova spesso a contatto con il fantasma della sua giovinezza (Rachele Luzi) che con la sua freschezza e sensualità la mortifica. Ma su questo si innesta il concetto ancora più alto della libertà di recitazione da un copione non sentito ma imposto da una determinata e potente commediografa (Maria Federici), spalleggiata da un incerto, ansioso e conciliante regista (Sergio Palma).

Ancora sopra aleggiano le nevrosi emergenti degli anni ’60 con i problemi e le crisi di coppia. Che sono più evidenti nel rapporto del regista con la moglie farfallona vogliosa (Laura Giulia Cirino), e nei due interpreti principali della commedia, ex marito (Luca Sarcinelli) e moglie in contrasto continuo, ma forse ancora complici. L’inserimento di un brano della storia di “Volti”, con tre amiche (la terza Elisa Leibelt) che cercano evasione dal rapporto istituzionale di coppia in un rapporto sessuale con un playboy (Alex Moses), rafforza il discorso di crisi di coppia, leitmotiv continuo del regista Cassavetes.

Ho cercato in quelle squallide routines, narrate nella piéce di de Torrebruna, sorrisi ipocriti, dialoghi in differita con ciò che esprimevano i volti, rumori di baruffe fuori scena, un linguaggio facciale più che parlato, squarci di dolore e di commozione sulla scia delle tecniche recitative di Cassavetes. E le ho trovate a tratti. Perché non è facile non tentare di esprimere consciamente quello che si vuole trasmettere, ma solamente farlo emergere, senza falsare tutto. Ed ho capito le difficoltà di un tale lavoro di ispirazione senza passare per la riflessione. Cassavetes avrebbe suggerito: “Largo all’improvvisazione partita dall’emozione, in cui risiede la verità emotiva di una situazione”

Dice Riccardo de Torrebruna: “Ho chiesto agli attori di adattarsi alla sconcertante fusione di materiali diversi da “La sera della prima” a “Volti”, passando per “Ombre”, senza preoccuparsi di questi salti, in modo che il mondo di Cassavetes diventasse il vero protagonista della storia. L’assenza di giudizio che caratterizza la sua poetica rende i personaggi disturbanti e nobili allo stesso tempo, e riconduce ognuno di noi alle imperfezioni e ai sussulti che segnano le nostre vite”. Così Riccardo de Torrebruna , in una operazione sperimentale cassevitiana, ha spogliato progressivamente gli interpreti delle loro maschere (undici su due palchi paralleli) per restituirceli in una verità mai vista. E questo alla fine lo abbiamo capito, sentito ed applaudito.

Qui sotto la galleria di foto scattate e gentilmente concesseci, per l’occasione, da Piero Bonacci

STUDIO ITAKA INTERNATIONAL STAGE ART               TEATRO LO SPAZIO 5/8 APRILE

DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA. UNA COMMEDIA DI RICCARDO DE TORREBRUNA (DEDICATO A JOHN CASSAVETES). REGIA DI RICCARDO DE TORREBRUNA.

INTERPRETI: ALEXIA GERMANI, MARIA FEDERICI, LAURA GIULIA CIRINO, ELISA LEIBELT, RACHELE LUZI, LUCA SARCINELLI, SERGIO PALMA, ALEX MOSES, ALESSANDRO TROTTA, GIAMMARIA CAUTERUCCIO, JAIS MOHAMED.

MUSICHE: FLAMENCO SKETCHES DA KIND OF BLUES DI MILES DAVIS. BORN TO BE WILD DEGLI STEPHEN WOLF. FEVER DI ELVIS PRESLEY. LET’S DANCE DI DAVID BOWIE.