“Dovremmo solo rileggere la nostra storia per votare NO al prossimo referendum!”

Riceviamo da Luigi Caria e pubblichiamo

Nell’attuale e difficile fase storica che stiamo vivendo a causa di uno smisurato avanzamento di una destra arrogante, prepotente e pericolosa, non manca di assistere al diffondersi, su larghi strati della popolazione, di un sempre più ampio sentimento di astio nei confronti della società civile, dei partiti, del parlamento, del governo e più in generale degli organi rappresentativi. Tutto ciò è dovuto alla continua propagazione di rifiuto e delegittimazione della politica e delle istituzioni democratiche sempre più sovvenzionate da forze populiste e media conniventi, il tutto per convincere molti cittadini all’astensionismo elettorale e al totale risentimento, a prescindere, contro amministratori ed eletti.

Le primarie comunicazioni mediatiche di questo prossimo referendum si basano spesso su slogan da bar, frasi ad effetto e notizie infondate, diffuse anche dai web e che mirano a squalificare i rappresentanti del popolo e a raggirare l’elettorato attivo per gettare chiunque nella sfiducia, nel disimpegno e nell’avversione per l’intera classe politica.

Vogliamo noi riprendere le parole di un grande statista, uno dei padri costituenti della nostra Repubblica, Palmiro Togliatti. Le sue parole, dopo sessant’anni circa dalla sua scomparsa, a oggi e in prossimità del referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020, spiccano per la loro assoluta attualità ed entrano perfettamente nella rappresentazione della democrazia.

Affinché tutti quelli che si sentono eredi e testimoni di quella grande storia politica e culturale, si mobilitino attivamente per votare “NO” nella consultazione referendaria.

Togliatti, alla Camera dei Deputati l’8 dicembre del 1952, nel corso del dibattito su quella che poi sarebbe passata alla storia come “Legge Truffa” pronunciò le seguenti frasi:

… il Parlamento specchio del Paese. La Costituzione sancisce che l’Italia è una Repubblica democratica, e dal concetto che fa risiedere nel popolo la sovranità deriva il carattere rappresentativo di tutto il nostro ordinamento, al centro del quale stanno le grandi Assemblee legislative, la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica, a cui tutti i poteri sono coordinati e da cui tutti i poteri derivano. Questo è il nostro ordinamento, questo e non altro. È evidente che in siffatto ordinamento l’elemento che si può considerare prevalente, e che certamente è essenziale, è la rappresentatività. È un elemento essenziale per ciò che si riferisce ai rapporti tra i cittadini e le assemblee supreme dello Stato. (…)

non è stato trovato ancora un modo di avere la perfetta proporzionalità della rappresentanza. Rimane sempre un certo scarto tra la realtà del paese e la rappresentanza nella Camera, a seconda che si adotti un determinato sistema di conteggio dei voti e dei rappresentanti in rapporto ai voti, oppure un altro sistema. Ma questo non ha niente a che fare con l’abbandono del principio. Quello che interessa è il principio. Il principio per cui noi siamo rappresentanti di tutto il paese nella misura in cui la Camera è specchio della nazione. Dello specchio, veramente, si può dire che ogni parte, anche piccolissima, di esso, è eguale al tutto, perché egualmente rispecchia il tutto che gli sta di fronte. (…)

La nostra Costituzione è una delle poche che introduce nel quadro costituzionale il partito politico e gli attribuisce determinati diritti in rapporto con determinati doveri. Al partito politico è attribuito il diritto di partecipare a determinare la politica nazionale con metodo democratico. (…)

Le seguenti parole invece sono state trascritte nei verbali dell’Assemblea Costituente, riunione plenaria del 23 settembre 1947, in merito alla discussione sulla proporzione tra elettori e seggi parlamentari:

….Togliatti Palmiro, dichiara che il suo gruppo voterà per la cifra più bassa per due motivi. In primo luogo perché una cifra troppo alta distacca troppo l’eletto dall’elettore; in secondo luogo perché l’eletto, distaccandosi dall’elettore, acquista la figura soltanto di rappresentante di un partito e non più di rappresentante di una massa vivente, di un territorio, che egli in qualche modo deve conoscere e con la quale deve avere rapporti personali e diretti. (…)

Togliatti quando parlava di “cifra più bassa” non si riferiva al numero dei parlamentari ma a quello dei cittadini necessari per eleggerne uno. L’Assemblea Costituente decise quindi che il numero dei parlamentari variasse in proporzione con il variare del numero degli abitanti. Poi nel 1963 con una modifica costituzionale quel numero variabile fu trasformato nel numero fisso di 630 deputati e 315 senatori, considerando che l’Italia di allora aveva 51 milioni di abitanti, ben al di sotto degli attuali 60 milioni.

Queste parole avvalorano questi significativi concetti, né anti-parlamentaristi e né avvezzi all’antipolitica o al qualunquismo, ma semplicemente espressioni di difesa per la centralità del parlamento, delle istituzioni rappresentative e della democrazia.

Per questi motivi occorre oggi impegnarsi per sostenere convintamente il “NO” al prossimo referendum.

Un “NO” che vada ad arginare la grande ingiusta e l’irrazionale contro-riforma atta soltanto a ridurre la democrazia e la rappresentanza dei territori con il taglio populistico e demagogico sul numero dei parlamentari.