Istat, nel 2015 dispersa il 41,4% dell’acqua potabile

Riceviamo e pubblichiamo

Nel 2015 il volume complessivo di acqua prelevata per uso potabile è pari a 9,5 miliardi di metri cubi, una quantità sostanzialmente equivalente a quella censita nel 2012 (+0,3%).

L’84,3% del prelievo nazionale di acqua per uso potabile deriva da acque sotterranee (48,0% da pozzo e 36,3% da sorgente). Circa un terzo dell’acqua prelevata (33,0%) per un totale annuo di 3,1 miliardi di metri cubi, proviene da un trattamento di potabilizzazione (più efficace rispetto alle ordinarie operazioni di disinfezione o clorazione) necessario per eliminare eventuali inquinanti e garantire la qualità dell’acqua nelle reti, fino al rubinetto dei consumatori.

Il volume immesso nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile è pari a 8,3 miliardi di metri cubi, 375 litri al giorno per abitante. Il valore è in lieve decremento rispetto al censimento del 2012 (-0,4%). 220 litri di acqua per abitante è la quantità erogata giornalmente dalle reti di distribuzione dell’acqua potabile per usi autorizzati, 21 litri in meno rispetto al 2012. Il volume annuo complessivo di acqua, pari a 4,9 miliardi di metri cubi, è necessario per soddisfare le esigenze idropotabili del territorio.

I volumi giornalieri pro capite immessi in rete variano molto a livello regionale: dai 286 litri giornalieri per abitante immessi in rete in Puglia ai 559 della Valle d’Aosta. Nel 2015 è andato disperso il 41,4% dell’acqua potabile immessa nelle reti di distribuzione, pari a 3,4 miliardi di metri cubi, in significativo peggioramento rispetto al 2012 quando le perdite idriche totali erano pari al 37,4%. Le perdite reali, al netto degli errori di misurazione e dei consumi non autorizzati, sono pari al 38,3%. Si tratta di un volume enorme, pari a 3,2 miliardi di metri cubi che, stimando un consumo medio di 80 m3 annui per abitante, soddisferebbe le esigenze idriche per un anno di circa 40 milioni persone.

Le maggiori criticità, causate da perdite idriche di rete elevate (e in continuo peggioramento negli ultimi anni) si riscontrano nelle Isole e in alcune regioni del Centro-Sud (Basilicata, Sardegna, Lazio e Sicilia). Gli impianti di depurazione in esercizio delle acque reflue urbane sono 17.897, concentrati per la maggior parte al Nord (10.630). Gli impianti di depurazione che effettuano trattamento avanzato, applicato a valle dei trattamenti primario e secondario, pur rappresentando il 12,9% degli impianti complessivi, trattano oltre i due terzi (66,7%) dei carichi inquinanti convogliati nei depuratori delle acque reflue urbane.

In rapporto alla quantità totale di carichi inquinanti potenziali di origine civile generati sul territorio, solo il 59,6% è effettivamente trattato in impianti di depurazione di tipo secondario o avanzato, una quota di poco superiore a quella del 2012 (57,6%). Rispetto al 2012, si riduce dell’8,0% il carico di inquinanti di origine industriale che affluisce agli impianti di depurazione delle acque reflue urbane con trattamento secondario o avanzato. La gestione dei servizi idrici risulta ancora fortemente frammentata. Nel 2015 sono operativi in Italia 2.857 gestori di servizi idrici, 304 unità in meno rispetto al 2012. Si tratta di gestori specializzati nel 17,0% dei casi e di gestori in economia nell’83,0%.