Italia, il paese dell’intolleranza e dell’odio?

di Matteo Pierro

Recentemente, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dedicato un passaggio del suo discorso per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Campus Bio-Medico di Roma alla questione dell’intolleranza. Il capo dello Stato facendo riferimento alle minacce ricevute dalla senatrice a vita Liliana Segre e ad altri episodi di odio etnico e religioso, ha concluso: “significa che gli interrogativi dei bambini, che chiedono solidarietà contro intolleranza e odio, non sono astratti né retorici, ma sono concreti”.

Episodi concreti di discriminazione, contrapposizione, intolleranza e odio continuano a ripetersi quotidianamente nel nostro paese. Quasi sempre ne fanno le spese i “diversi”, quelli che per colore della pelle, etnia, lingua, religione o ideologia appartengono a una minoranza.

Alcuni recenti episodi di cronaca hanno avuto per vittime i testimoni di Geova, che sono, per numero di cittadini italiani aderenti, la seconda religione di estrazione cristiana in Italia. La comunità conta oltre 417.000 fra membri e simpatizzanti. Il loro culto riconosciuto dallo Stato si svolge in sale aperte al pubblico, i loro ministri religiosi celebrano matrimoni validi legalmente e visitano le carceri per aiutare centinaia di detenuti a riabilitarsi. Nel corso degli anni, come riferisce un sondaggio pubblicato dall’agenzia ANSA, hanno aiutato 2.592 persone a liberarsi dalla droga, 2.882 dall’alcolismo, 20.557 dal fumo, 2.432 dal gioco d’azzardo, 2.120 dai comportamenti di violenza domestica, 12.218 da linguaggio violento e volgare, 1.545 da precedenti problemi con la legge e 2.368 a superare crisi matrimoniali, decidendo di riunire la propria coppia.

Eppure, sempre più di frequente, singoli individui, esponenti politici e organizzazioni “antisette” si rendono protagonisti di concreti atti di intolleranza nei loro confronti. La cronaca di questi giorni riporta delle scritte inneggianti a Hitler, che fece giustiziare centinaia di testimoni di Geova, apposte da sconosciuti davanti a un loro luogo di culto a Meta di Sorrento. Oggi apprendiamo delle invettive che sarebbero state loro rivolte tramite i social network da un esponente politico di Bovolenta nel padovano. Inoltre, sempre più di frequente, i movimenti antisette usano ex Testimoni per gettare fango su questa religione. Costoro diventano docili strumenti nelle mani di associazioni il cui unico obiettivo è quello di criminalizzare i gruppi religiosi minoritari orientando l’opinione pubblica attraverso i mass-media, rafforzando pregiudizi e stereotipi negativi. I fuoriusciti sono metodicamente usati per scaricare una valanga di accuse false verso un credo al quale volontariamente e in età adulta avevano aderito (i Testimoni non battezzano i neonati) senza che alcuno li costringesse a restarvi una volta che avevano deciso di non voler più seguire i valori morali ed etici del movimento.

A tutti quelli che si rendono colpevoli di queste azioni di intolleranza verso i “diversi” sarebbe opportuno ricordare che vivono in Italia, un paese che, a differenza di nazioni come la Russia, Singapore e l’Eritrea dove i testimoni di Geova vengono imprigionati per aver praticato la propria fede, riconosce la libertà di pensiero, di coscienza e di religione come un fondamentale diritto umano. In Italia, inoltre, la legge del 25 giugno 1993, n. 205, punisce con la reclusione i singoli individui o le associazioni che incitano alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Chi presta orecchio alle accuse degli “ex” animati da bellicosità e livore farebbe bene a considerare che nessuno studio scientifico serio su un movimento religioso può fondarsi solo sulle testimonianze dei fuoriusciti. Così come non sarebbe serio se un’indagine sul celibato ecclesiastico della Chiesa Cattolica si basasse esclusivamente sulle testimonianze di ex suore ed ex preti.

Sarebbe opportuno prestare ascolto a quanto disse, Gamaliele, un ebreo maestro della Legge vissuto nel I° secolo, stimato e rispettato da tutto il popolo. Quando i primi cristiani vennero condotti davanti al Sinedrio, l’alta corte giudaica di cui faceva parte, egli prese la parola invitando i giudici alla pazienza e alla tolleranza nei confronti degli apostoli citando i casi di movimenti che si erano estinti da sè stessi. Il suo ragionamento fu convincente: “Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!”. Atti degli Apostoli 5:38, 39.