“L’Artista? Raro e prezioso per l’evoluzione dell’umanità”: intervista a Patrizio Zanazzo

di Francesco Rotatori

Zanazzo3In occasione della mostra Sguardi dal ferro abbiamo avuto l’occasione di incontrare e discutere con lo scultore Patrizio Zanazzo, che per la prima volta qui si misura con il ferro, dopo aver sperimentato brillantemente marmo, bronzo, terracotta e resina.

Sorprendentemente, è Zanazzo stesso a iniziare il dialogo, chiedendoci che cosa sia per noi l’Arte. Un po’ spiazzati, rispondiamo che a nostro modesto parere l’Arte non ha una sua definizione a priori, che essa nasce all’interno dell’uomo, come un fuoco, che ammaestrata dalla tecnica viene creata e allo stesso tempo comunica col mondo che lo circonda. 

Da parte sua, partendo dalla concezione che Arte è soprattutto dare e non ricevere, come erroneamente i più ritengono, Zanazzo ribadisce l’idea fondamentale che questa non è più considerata una scienza, ma dovrebbe esserlo, in quanto fa parte dello scibile umano, essendo essa stessa un mezzo per l’evoluzione dell’umanità, e non un fine. Se infatti la considerassimo un fine, faremmo del male non solo a noi individui, ma alla conoscenza vera e propria. L’Arte è perciò un concetto talmente alto e sacro – bellezza, ordine, proporzione ma anche disciplina, cultura e conoscenza – che ridefinisce l’artista stesso.



Zanazzo1Ma che cos’è allora l’artista? Per Zanazzo, l’artista è anzitutto un conoscitore, ma non quel genere di intellettuale sommo profeta. È un conoscitore in quanto deve saper operare manualmente e spaziare con coscienza nel mondo della tecnica, è un costruttore diligente e creativo, deve saper vedere e guardare. E soprattutto, cardine fondamentale del suo pensiero, deve evitare l’idolo della distinzione tra figurativo e astratto, dal momento che capita sempre più spesso che un j’accuse contro la figura sia mosso proprio da coloro che non ne hanno esperienza né capacità. Il corpo umano è vera espressione di arte moderna, in esso culminano tensione e astrazione, energie che collaborano e che si controbilanciano.



D’altra parte, l’artista deve essere anche estremamente altruista, in quanto egli non lavora per sé, ma dovrebbe operare per il bene comune.

Sorge dunque spontaneo chiedere quale Zanazzo2sarà l’arte del futuro. Lo scultore prova ad avanzare l’ipotesi che saranno gli ologrammi a sopravvivere alla distruzione imperante dell’arte contemporanea, creature e Arte della luce e dell’energia. Il soggetto di quest’arte? La conoscenza e il movimento delle energie, e vero artista sarà colui che creerà forme-pensiero.



L’artista è dunque colui che attinge alle alte sfere, ma ne può riportare in questo mondo, dove tutto è limitato e il narrare diviene ineffabile, solamente un mero ricordo, una sensazione.

E questa sensazione è l’Arte, che non può che essere imitazione del sublime. 

E nelle opere in mostra questo è ben evidente: l’anima alita dentro quei corpi in ferro, così come palpita l’anelito all’infinito tra gli sguardi penetranti e i giochi di volute e sfere, con omaggi a Michelangelo, alla tradizione classica e a quella cristiana.

 Un’energia brulicante attraversa come d’incanto le sculture in esposizione, risucchia nella sua fiammeggiante meteora l’osservatore che non può non lasciarsi condurre in questa danza che dal ferro fa emergere il moto et il fiato.