Legalità in campo: ad inizio settembre 13 ragazzi dell’Alto Lazio ad un campo di lavoro su terre confiscate alla mafia

Riceviamo e pubblichiamo

Nella prima settimana di Settembre, 13 studenti delle scuole superiori dell’Alto Lazio parteciperanno ad un campo di lavoro sulle terre siciliane confiscate alla mafia, accompagnati dalla prof. Cinzia Brandi. Giunge infatti al sesto anno di attuazione il progetto “Legalità in campo” che l’IIS Cardarelli di Tarquinia ha inaugurato nel 2012 e che ha già condotto decine e decine di giovani studenti a lavorare sulle terre di Corleone confiscate a Riina, a Provenzano e ad altri boss della mafia siciliana. Quest’anno il progetto si inquadra nelle attività della neo-nata Rete di scuole per la Legalità “Giovanni Falcone”, cui aderiscono 14 Istituti superiori dell’Alto Lazio intenzionati a fare dell’educazione alla legalità uno degli assi portanti della propria offerta formativa.

Il 1 settembre partiranno per la Sicilia 4 studentesse del IIS “Besta” di Orte, 1 studentessa del Liceo Scientifico “Ruffini” e 1 ragazzo del Liceo classico “Buratti” di Viterbo; 5 studenti dell’IIS “Cardarelli” e altri 2 provenienti da scuole non ancora inserite nella Rete, il “Ragonesi” di Viterbo e il “Galilei” di Civitavecchia. Nei sette giorni del campo, organizzato da Arci in collaborazione con Spi-CGIL, le mattine saranno dedicate al lavoro agricolo (raccolta pomodori e vendemmia) mentre i pomeriggi verranno destinati ad incontri formativi con personalità o a visite in luoghi della memoria storica della mafia e dell’anti-mafia (Portella delle Ginestre, Cinisi, via d’Amelio a Palermo ecc.).

Durante la settimana di permanenza, i giovani volontari, provenienti da tutta Italia ma specialmente dalla Toscana, abiteranno un immobile confiscato ai nipoti di Riina: è Casa Caponnetto, dedicata al giudice che scelse di chiedere il trasferimento da Firenze a Palermo per prendere il posto del giudice istruttore Rocco Chinnici, ucciso barbaramente dalla mafia. Caponnetto non solo seppe ricoprire quel compito onorevolmente ma, proseguendo sulla rotta tracciata dal suo predecessore, formò il “pool” di magistrati che inflisse il colpo più formidabile di sempre alla mafia siciliana e condusse al maxiprocesso del 1986. Di quel pool, come tutti sanno, facevano parte (e anzi ne costituivano il cuore pulsante) i magistrati Falcone e Borsellino, uccisi nelle stragi di 25 anni fa.

Credere fermamente alla giustizia come aspirazione irrinunciabile, come il giudice Caponnetto che accettò di vivere anni in una stanzetta di una caserma palermitana pur di continuare a sostenere ed indirizzare il lavoro del pool; fare fino in fondo il proprio dovere, come Falcone, Borsellino e i tanti magistrati, giornalisti, appartenenti alle Forze dell’Ordine, cittadini comuni che ogni giorno si spendono per migliorare la vita della collettività: questi sono i valori che i giovani devono conoscere e vedere praticati dagli adulti. Questi sono i medesimi valori ai quali la scuola, con i progetti di educazione alla legalità, vuole appassionare gli studenti e che la Rete di scuole intitolata a Giovanni Falcone intende sviluppare a vantaggio del territorio dell’Alto Lazio, di cui sta formando i cittadini di domani.

Il campo di lavoro anti-mafia, per questi ragazzi, sarà un’occasione preziosa per conseguire molti obiettivi: avvicinare i ragazzi all’esperienza del lavoro manuale, dargli elementi di conoscenza storica della vita sociale e politica italiana recente, consentire una comunicazione intergenerazionale con i volontari dello Spi-CGIL, impegnati a preparare i pasti dei giovani studenti. La finalità principale, però, è quella di rendere gli studenti prima consapevoli, poi protagonisti, delle azioni collettive da intraprendere quando un territorio cade sotto la pressione della malavita organizzata: abbassare la testa e adeguarsi alle richieste dei violenti e dei prepotenti non ha mai pagato; bisogna invece costituire luoghi di socialità (la scuola, in primis) e sostenere le iniziative economiche (per esempio la cooperativa sociale “Lavoro e non solo”, che ha in affidamento le terre confiscate di Corleone) che sappiano sfidare la malavita con il sostegno della parte buona del paese; ed è qui che ciascuno di noi è chiamato a fare la sua parte, ad esempio consumando in modo consapevole i prodotti “puliti” e onesti che si coltivano su quelle terre.

Cinzia Brandi