di Anna Maria Vinci
Il viaggio è connaturale a Lattanzi, vera linfa vitale del suo spirito creativo, diventa musa ispiratrice. E’ singolare osservare come abbia infatti saputo cogliere della cittadina etrusca-medievale , gli angoli, le architetture più care ai tarquiniesi. È quasi il luogo, la sua peculiarità, è lo spiritus loci, ad attirare l’artista, che con maestria inimitabile, riesce a riprodurre atmosfere, suggestioni, con quelle sfumature che solo un grande acquarellista è in grado di proporre all’occhio che cerca nell’opera quell’emozione che vorrebbe durasse in eterno. Nell’ottica di un inesausto viaggiatore , Lattanzi, non proporrà nel suo itinerario artistico soltanto la cittadina e le sue meraviglie, ma anche marine, scorci paesaggistici ed architettonici , come dei notturni, di altre località visitate.
Difficile raccontare la straordinarietà dei suoi acquerelli, mai scontati, mai ripetitivi, Lattanzi scopre ogni volta un oggetto nuovo, ne mantiene la forma, ma lo trafigge con una destrutturante magia delle sfumature. Le case, i vicoli, gli antichi palazzi, le marine, acquisiscono grazie alla sua sapienziale bravura nuovi contorni, una nuova primigenia e intoccata natura, quasi che mai piede di uomo avesse sfiorato quell’ambiente, o se l’ha fatto, vedi i particolari delle finestre e dei balconi, i panni stesi e tanto altro, Lattanzi lo stempera, quasi a ritrarre un’umanità che esiste, ma che non fa rumore, è celata nelle abitazioni, oppure semplicemente sta osservando la sua storia in un correlativo oggettivo che si ripete, senza mai che traspaia la nudità dell’uomo moderno, dimentico di una sua ancestrale fusione con il tutto.