Paradossi (artistici) italiani.

Non è possibile conoscere la storia di Italia, senza conoscerne la storia dell’arte” G. C. Argan

Negli ultimi mesi, un’accesa discussione mette in luce quanto, nel nostro paese, la cultura sia diventata un qualcosa da cui si deve necessariamente differire per unificarsi al resto della massa.

Una massa che sta divenendo sempre più soggetta al volere altrui, una massa che, ignara di ciò che sta accadendo, si accontenta di essere quello che questo governo vuole che diventi: un popolo ignorante da assoggettare e comandare secondo i propri interessi.

Non voglio ora schierarmi da una parte o dall’altra, i problemi che oggi si vanno a pagare, sono errori che si protraggono da tempo e che nessuno, negli anni, ha mai fermato, semplicemente perché nessuno sembra interessato fare altrimenti.

Ma quello che sta avvenendo è veramente inconcepibile: il processo di arretramento del nostro paese è alla conoscenza di tutti, ma non vi è alcuno che ponga e dedichi un interesse tale da suscitare concrete reazioni, volte ad unificare l’intera penisola in una battaglia che come unico scopo deve avere la propria crescita culturale, perché solo così si potrà poi avere quella economica.

Posso qui concentrare la mia attenzione esclusivamente al campo artistico, quello che maggiormente mi appartiene. Ben ricordo la frase che anni orsono mi fu detta: “non studiare arte, non andrai lontano!

Avevano ragione. E come.

L’80 % del patrimonio artistico mondiale appartiene all’Italia: quale miglior modo di valorizzarlo se non eliminarne il suo studio nelle scuole?

Alla fine, cosa ce ne facciamo di notizie così superflue? Meglio insegnare come si fa un risotto alla milanese, meglio tener vivo il dialetto, anche perché oggi, paradossalmente, non occorre più un’ottima conoscenza della lingua italiana ed una vasta preparazione di base: basta concedersi e tutti (es. parlamentari…) possono avere un posto di rilievo nello Stato.

Quello che maggiormente mi sconvolge è l’indifferenza.

Mentre il mondo ci invidia per quello che abbiamo, noi lo buttiamo nel cesso non capendo quanto guadagno potrebbe portarci.

La valorizzazione dei beni culturali è uno degli interessi maggiori che coinvolgono le altre nazioni nello  sviluppo del proprio paese, ma non solo.

“Gli altri” non si limitano ai tesori che possiedono da secoli e vanno oltre, investono per creare una folla di nuovi talenti, i quali, spesso, “vengono scoperti” sia nelle  esposizioni – come avviene in America del Nord – che durante la formazione in Accademia .

Lo studente d’arte, e in seguito l’artista, è perciò visto come potenziale investimento e non semplicemente come un numero che deve solo contribuire a far quadrare i conti  dello Stato.

In Italia tutto ciò manca. I piccoli passi che si intravedono, sono in gran parte frutto di privati che contribuiscono alla formazione di giovani talenti attraverso borse di studio che però, purtroppo, rimangono riservate ai pochi eletti, fortunati o, meglio, ai più “imparentati”.

Conseguentemente aumenta la fuga di cervelli, sempre più persone vanno a cercare fortuna fuori, in paesi che possono solo che ringraziarli perché vi apportano innovazioni di notevole rilievo.

A Berlino, ad esempio, dove da anni esistono case degli artisti, vecchi edifici in disuso che lo Stato concede a talentuosi artisti che vengono ulteriormente stimolati mediante contributi economici mensili.

In Francia invece, udite udite, artisti e storici dell’arte possono vantare un albo dove iscriversi ed attraverso il quale possono usufruire di sconti e gratuità per andare a visitare musei e mostre in tutto il mondo.

E da noi invece? Beh, per loro, ovviamente,  non è previsto assolutamente nulla.

Figuriamoci, le forze dell’ordine, paradossalmente, hanno maggior diritto di noi poveri laureati in materie storico-artistiche, ad entrare gratuitamente nelle strutture museali statali.

Che rimane da fare quindi? Scusarsi solamente per la nostra ignoranza ed io, sinceramente, lo faccio ogni qual volta mi si presenta d’innanzi un caso del genere.

Ammetto che è veramente imbarazzante quando cultori dell’arte, convinti della propria posizione ed orgogliosi per quella conoscenza che gli è propria, presentandosi come tali o esibendo qualche documento che attesta la loro appartenenza all’ambito artistico, da storici o praticanti, ricevono risposte simili a questa: “…mi spiace, in Italia non abbiamo nessuna agevolazione per gli artisti!”

Romina Ramaccini