Qualcosa di più

Diamo volentieri pubblicazione dell’editoriale inviatoci da Tarquinia Democratica ed apparso sul QuadernoTerzo, distribuito in questi giorni a Tarquinia, nel quale si spiegano le ragioni per cui andare a votare quattro sì al referedum di domenica e lunedì e del quale potete avere lettura a questo link.

Votare il 12 e 13 giugno è qualcosa di più importante dell’esprimere il proprio parere sui quattro, pur rilevanti, quesiti che sono oggetto di referendum popolare.

E con tale affermazione non si vuole in alcun modo sminuire l’importanza di scelte come quelle che riguardano il possibile ritorno alla produzione di energia nucleare – con i dubbi vantaggi e gli evidenti rischi che esso comporterebbe – o le conseguenze a livello economico e sociale legate alla privatizzazione di un bene prezioso e comune come l’acqua pubblica; né, in ultimo, s’intende sottovalutare l’importanza del parere popolare sul legittimo impedimento.

Votare il 12 e 13 giugno sarà qualcosa in più, perché significherà sancire – con la burocratica certezza dei registri e dei verbali elettorali – che i cittadini hanno ancora la voglia, il desiderio, la necessità di decidere delle sorti del loro Paese; di far sentire quella voce che, invece, la politica degli ultimi anni tende, nemmeno troppo silenziosamente, a sottrargli, con leggi elettorali becere ed un modo di vivere la cosa pubblica che si vuole rendere sempre più distaccato dalla base elettorale.

Troppo spesso si sente dire che un voto referendario è inutile; che quanto sancito dalle urne – ammesso che si raggiunga il quorum necessario – è ben presto vittima della volontà della politica partitica o degli interessi dei poteri forti.

Ma in questo passaggio della storia nazionale in cui la Costituzione sembra essere, per molte delle principali istituzioni statali, un ostacolo da aggirare banalmente, dobbiamo essere noi cittadini a dimostrare quale fiducia continuiamo ad avere nelle regole e negli strumenti che la Carta ci mette a disposizione.

Non farlo, lasciar correre, alzare le mani su temi così sentiti e vicini alla quotidianità di ciascuno potrebbe significare perdere l’ultima occasione: dopo di essa, nessuno potrà più sentirsi incolpevole di fronte ai soprusi e le prepotenze di una politica che proprio su questo superficiale disinteresse, e sulla banale diffidenza, fonda le proprie, remunerative, radici.