Sempre meno investimenti in Italia: la ricchezza cresce solo sui conti correnti

Riceviamo e pubblichiamo

La situazione economica non sembra promettere stabilità nel prossimo futuro e le incertezze del panorama politico sia italiano che internazionale contribuiscono a frenare sia le famiglie che le imprese. Secondo uno studio condotto da Unimprese, nel 2016 le riserve che i privati e le aziende hanno accumulato in banca sono cresciute notevolmente: una cifra di circa 54 miliardi di euro.

Una ricchezza enorme, che potrebbe aiutare l’apparato economico se venisse messa in circolazione tramite i consumi e gli investimenti. Tuttavia le famiglie preferiscono non spendere, quindi aggravano la situazione già difficile del settore dei beni durevoli, scegliendo tra l’altro la tranquillità dei conti correnti o al massimo dei conti deposito. Nonostante i bassissimi rendimenti preferiscono attendere e non rischiare: quindi investire in azioni è realmente l’ultima opzione presa in considerazione dalla maggioranza dei risparmiatori. La situazione peggiora specialmente per investimenti immobiliari nonostante la maggiore facilità di accesso ai mutui.

Di contro le imprese, che trattengono sui propri conti circa un terzo della ricchezza totale accumulata, preferiscono trattenere i soldi per far fronte alle necessità future, per paura di nuove tasse o altri problemi. Sicuramente si è affievolita la propensione ad investire. Quindi il risultato è che una grande fetta di liquidità e ricchezza rimane ferma sui conti correnti e deposito, con un effetto negativo esponenziale sulla ripresa dei consumi. Nemmeno le banche ottengono un giovamento, anche perchè nel corso dell’anno hanno subito una contrazione della liquidità.

Ma la difficoltà principale rimane quella della crescita quasi costante per il 2016 delle sofferenze bancarie, che rendono ancora più complicata la gestione già non agevole dei bilanci. I prodotti che hanno maggiore “successo” nella clientela sono i conti correnti, il cui “peso” in termini monetari è cresciuto di 82 miliardi di euro, salendo dai precedenti 831 miliardi a 913 miliardi di fine dicembre 2016.

Questi risultati sono stati sintetizzati da Concetta Cammarata, vicepresidente di Unimprese, che ha fatto i collegamenti tra le consecutio di questo circolo vizioso, sottolineando che “I dati mostrano che le disponibilità finanziarie delle aziende e delle famiglie italiane sono congelate. Se i cittadini accumulano per timore di nuove tasse, le imprese non investono perché non hanno fiducia nel futuro. Discorso a parte va fatto per le banche che registrano una variazione negativa della liquidità, con ogni probabilità dirottata su impieghi diversi dal credito che resta bloccato: ciò da un lato è legato a criteri sui parametri di bilancio troppo rigidi e dall’altro all’assenza di progetti importanti da finanziare”.