Tarquinia, un drone multi-sensore alla scoperta delle vestigia etrusche

(amv) Nuove interessanti tecnologie per scoprire le vestigia etrusche nella cittadina etrusca. Università degli Studi di Milano e Politecnico di Milano uniscono le competenze scientifiche in nome della ricerca grazie ad un innovativo drone multi-sensore, ausilio di nuove scoperte per il Centro di Ricerca Coordinata ‘Progetto Tarquinia’ dell’Università di Milano diretto dalla prof. Giovanna Bagnasco Gianni.

Ne parlano la responsabile delle ricerche, prof. Matilde Marzullo dip. di Beni Culturali e Ambientali (Università degli Studi di Milano), e il prof. Andrea Garzulino dip. Architettura e Studi Urbani (Politecnico di Milano). Andrea Garzulino: “La novità è un drone in grado di supportare diverse tipologie di sensore che possono analizzare tantissime componenti del territorio. Per esempio si parte da sensori fotografici ad altissima risoluzione che permettono di identificare oggetti piccolissimi, per arrivare a laser scanner a grande scala in grado di creare nuvole di punti tridimensionali che descrivono il terreno e tutti gli oggetti presenti. L’innovativa combinazione con il sensore multispettrale, che indaga diverse bande non visibili ad occhio nudo e acquisisce informazioni termiche delle superfici, viene oggi testata per la prima volta nell’ambito di una città etrusca. Questa tecnologia si concentra sulla vegetazione e in base al suo stato di salute permette di individuare possibili tracce archeologiche sepolte che sono posizionate perfettamente nello spazio grazie al rilievo laser scanner. Se sotto la vegetazione si trova una struttura, un muro o una cavità, la vegetazione si comporta in maniera diversa, rispetto a punti dove non c’è niente: da qui si rilevano dei segni che devono essere messi in rapporto con l’analisi storica, archeologica, cartografica per ottenere solidi indizi sul patrimonio sepolto. Inoltre, grazie al lavoro sull’intensità delle registrazioni laser, questi strumenti sono in grado di classificare le superfici e quindi spogliare il territorio dalla vegetazione e vedere cosa c’è nascosto al di sotto, secondo un processo impossibile in passato e anche tutto sommato veloce. Ad esempio la Civita potrebbe essere interamente rilevata in appena tre giornate”.

Matilde Marzullo: “Il problema che c’è qui a Tarquinia è che non esiste una mappa precisa delle strutture archeologiche note o scoperte in passato, sia alla Civita, sia alla Necropoli. Perciò tutto questo lavoro si inserisce all’interno di un progetto di ricerca territoriale avviato già da 15 anni dal ‘Progetto Tarquinia’ in collaborazione con la Soprintendenza e oggi anche con il Parco Archeologico, in cui cerchiamo di creare una base di dati affidabile per tutti gli Enti che sono interessati alla ricerca, alla tutela e alla valorizzazione di questo splendido territorio, in modo da porre in evidenza tutto ciò che esiste. La collaborazione tra Università di Milano e Politecnico di Milano ha già portato ad ottimi risultati: abbiamo realizzato la mappa delle mura tarquiniesi, la Carta archeologica della Civita di Tarquinia che aspettava dal 1885 di essere completata”.