Tarquinia, con Augusto e Marisa il saluto a un pezzo di storia del commercio: “È stata un’avventura bellissima, ora è tempo di viverci altre passioni”

(s.t.) “È stata un’avventura bellissima, che a ripensarci oggi ci sembra volata: però arrivati a una certa età c’è la voglia di viversi altre passioni, a partire dal mare, che quest’estate ci siamo goduti pochissimo”: a raccontare la serenità di Augusto e Marisa, anime della merceria nel centro storico di Tarquinia che ha salutato la città qualche settimana prima della fine del 2022, non sono soltanto le parole, ma anche i volti sorridenti e rilassati con cui ripercorrono i tanti anni da punti di riferimento del commercio nel centro storico di Tarquinia.

“Per me, che al negozio in pratica ci sono nato, è iniziata da bambino – racconta Augusto – quando tornavo da scuola e raggiungevo i miei al lavoro, come poi è successo anche con i nostri figli. Da quando ho iniziato a lavorarci, all’età di vent’anni, ne sono passati 48!”. “Per me un po’ meno – le parole di Marisa – dal 1979, quando ci siamo sposati, sino agli ultimi giorni dello scorso anno”. E oggi, per entrambi, c’è un pensiero all’unisono: “Vogliamo ringraziare tutti i clienti che nell’arco di questi anni ci hanno accompagnato”.

Quella del negozio che ha chiuso per l’ultima volta la sua serranda – “perché è stato un bel lavoro, fatto con soddisfazione e passione, ma è sempre un lavoro e a un certo punto la parentesi si deve chiudere” – è una storia che inizia subito dopo la fine della guerra, quando il papà di Augusto iniziò come ambulante (“in bicicletta, raggiungendo i mercati di Tuscania, Cellere, Canino…”) per poi, pian piano, abbandonare i mercati e aprire il primo negozio, in via delle Torri, di fronte all’attuale ingresso della Società Tarquiniense d’Arte e Storia. Da lì, uno spostamento di qualche metro, sempre in via delle Torri ma più verso piazza d’Erba, e nel 1979 il trasferimento in via Vitelleschi, lasciata solo nel 2009 per raggiungere l’ultima tappa di uno splendido percorso, in via Garibaldi.

In pratica, tre generazioni di tarquiniesi (e non solo) hanno trovato ciò che serviva rivolgendosi ad Augusto e Marisa. “E proprio in questi giorni, riflettendo su tutti questi anni, – le parole di Augusto – pensavo come le più grandi soddisfazioni sono state quando veniva una cliente e ti diceva “Qui da voi ci si serviva anche mia nonna!”. Tre generazioni di clienti, e io che in negozio in pratica ci sono nato le ho vissute praticamente tutte!”

Cosa è cambiato, in questi quasi cinquanta anni di attività?

“Iniziamo da cosa non è cambiato: il rapporto con i clienti, che in questi anni è stato sempre bellissimo. – riflette Augusto – Poi è cambiata soprattutto la tecnologia: ora passa tutto dalle mail, dai pdf, dalle pec eccetera. Ma io ho continuato a preferire il foglio scritto, l’ordine che posso controllare subito senza dover scaricare nulla da internet. Poi, chiaro, è cambiato il commercio a Tarquinia: cinquant’anni fa il centro storico era il fulcro della vita cittadina, dove lavoravano quasi tutte le attività, poi piano piano si è spostato fuori dalle mura e abbiamo dovuto via via adeguarci, pur restando in centro. Soprattutto quando abbiamo dovuto lasciare il locale di proprietà in via Vitelleschi per spostarci, in affitto, a via Garibaldi, cercando un posto con maggior traffico di persone. Ma l’imprenditore deve saper fare anche questo, adeguarsi ai tempi, alle situazioni: tanto non ti tutela nessuno, sei tu ad adeguarti. Ora i servizi sono quasi tutti fuori e nel tempo non si è scelta una strada che renda facile o desiderabile salire in centro: magari, se in questi decenni si fossero realizzati più parcheggi tutti attorno al centro storico, oggi sarebbe diverso”.

Pian piano, però, la città perde patrimoni preziosi e professionalità: ci sono altre attività, ora, come la vostra? “Nel centro storico no – spiega Marisa – e anche le sarte ce lo hanno fatto notare. E in tanti venivano, persino da fuori, per i cappelli, e come cappelleria oggi non c’è più nessuno, nemmeno a Civitavecchia, bisogna arrivare a Viterbo”.

“Le cose che amavo di più erano proprio merceria e cappelli. – riprende Augusto – Poi la merceria deve proprio piacerti, serve la passione che ti spinge a guardare al servizio che dai al cliente anche andando oltre il risultato economico o il guadagno. Una volta, un commerciante a Roma mi spiegò una cosa che per me è stata importantissima: “In merceria – mi disse – devi tenere tutto: quello che vendi e anche quello che forse non venderai mai”. Serve una passione enorme per investire in prodotti che magari venderai una volta in vent’anni, o forse mai, ma che devi avere: e che soddisfazione aver trovato il prodotto giusto per clienti con richieste particolari che ci hanno ringraziato per aver fornito loro cose che non avevano trovato da nessuna parte”. “È stata questa anche la base del nostro lavoro per anni: il cliente, sapendo che sei un punto di riferimento, che ha la scelta, che al 99% da te troverà quello che gli serve, viene e continua a venire”.

Come è stato l’impatto con questa nuova vita? “A me, pensa un po’, dà la sensazione che sia sempre festa. – sorride Augusto – Poi, chiaro, dopo 48 anni dentro un negozio, ci sono momenti della giornata in cui ci ripensi, ti manca un po’ il rapporto con le persone”. “Anche perché il lavoro del negozio ti occupa tutta la giornata e non ti permette di staccare quasi mai, portandoti anche a casa tutti i pensieri. Ora invece è bello, in una mattinata di sole, pensare di andarci a fare una passeggiata al mare: che meraviglia. Tante volte in queste poche settimane mi capita di non rendermi conto bene nemmeno di che ora o che giorno della settimana sia!”

“E poi, come dice Marisa, c’è la voglia di non avere pensieri. – conclude Augusto – Anche ultimamente, quando con Annarita al negozio potevamo davvero stare tranquilli e lasciarle tutto senza dover pensare a niente, perché commercialmente parlando è più brava di me, hai comunque sempre il pensiero dell’attività. Per cui abbiamo deciso di chiudere questa parentesi: i ragazzi hanno fatto la loro strada, non c’era l’idea di un figlio a cui trasmettere il mestiere o da affiancare, è giunta l’ora di dedicarci a fare tante altre cose!”