The final countdown: per l’amministrazione Mencarini quello che inizia sarà davvero l’ultimo weekend in Comune?

(s.t.) “The final countdown”, cantavano gli Europe nel 1986, e la canzone divenuta un must di quegli anni potrebbe a ben vedere essere una perfetta colonna sonora per questi ultimi giorni di attesa al Comune di Tarquinia. Il 3 settembre, infatti, il sindaco Pietro Mencarini ha protocollato le proprie dimissioni – confermate nel corso del consiglio comunale richiesto dalla prassi statutaria – ma l’efficacia delle stesse sarà effettiva solo al decorrere del ventesimo giorno. Che, ci spiegano dal palazzo comunale, scadranno lunedì prossimo, 24 settembre: sino ad allora, c’è la possibilità che il primo cittadino torni sui propri passi.

Ed in alcuni momenti, in queste settimane, la possibilità è stata ben più probabile di quanto non si possa pensare. Innanzitutto perché lo stesso primo cittadino non ha mai, ufficialmente, parlato di decisione irrevocabile: non che abbia parlato molto, è vero, – in materia ci sono solo la stringatissima lettera di dimissioni e quella indirizzata, il giorno successivo, ai tarquiniesi – ma tanto basta a tenere aperto uno spiraglio.

Quello su cui hanno lavorato, in questi giorni, le forze di maggioranza – almeno quelle che più premono per prolungare l’esperienza amministrativa – che a più riprese hanno sottolineato e sottolineano come, sino all’ultimo, rinnoveranno la propria fiducia al sindaco, pronti a proseguire per qualche mese ancora. Ben inteso, non tutti, in maggioranza, vogliono proseguire, e certo lo stesso Mencarini vede con un discreto sollievo la fine di un percorso che giorno dopo giorno si è fatto politicamente sempre più accidentato, vuoi per l’esuberanza (è un eufemismo, ndr) di alcuni dei suoi uomini e delle sue donne, vuoi per qualche scelta sbagliata del primo cittadino soprattutto in tema di gestione politica e dei rapporti con i membri della maggioranza, vuoi – ora – per le conseguenze di atti e dichiarazioni seguite all’ormai celebra “j’accuse” mencariniano.

Insomma, se venti giorni dovevano essere, saranno venti giorni di pathos sino all’ultimo, tra la quasi surreale situazione di un governo cittadino che cerca di proseguire in una parvenza di quotidiana normalità – dalle riunioni per la mensa scolastica al sindaco spesso nel suo ufficio – ed il silenzio e l’assenza di alcuni dei protagonisti di questo mandato, di cui è impossibile non notare la mancanza in molte delle ultime pubbliche occasioni. Il tutto tra discussioni accese, condizioni poste e forse mediate, momenti di confronto quasi emotivi e equilibri di colazioni e movimenti messi in seria discussione.

Tornando, perciò, alla citazione iniziale, sembra che davvero gli Europe raccontassero con oltre trent’anni d’anticipo questa storia tarquiniese: in fondo, la prima strofa di quella canzone, tradotta, recita così:

Stiamo partendo insieme
ma è sempre un addio
e forse torneremo
sulla Terra, chi può dirlo?
penso che non si possa incolpare nessuno
…  le cose potranno mai essere di nuovo le stesse?