A Washington Joachim Wtewael celebra la pittura di secondo Cinquecento

di Francesco Rotatori

LJoachim_Anthonisz._Wtewael_(Dutch,_1566_-_1638)_-_Mars_and_Venus_Surprised_by_the_Gods_-_Google_Art_Project’estate inoltrata porta odore di vacanza, e, anche se a quanto dicono le statistiche quest’anno gli italiani preferiranno una meta nel territorio casalingo, consigliamo una visita negli Stati Uniti, che oramai da tempo hanno apprensione e fama d’arte.

A quanto pare l’America sembra aver scoperto un ingente interesse per la pittura dei Paesi Bassi, soprattutto quella di matrice cinquecentesca che si inserisce a pieno diritto nel filone manierista. Dopo la retrospettiva di successo dedicata negli scorsi mesi invernali a Bartholomeus Spranger (1546-1611) da parte del Metropolitan Museum di New York, ora la National Gallery of Art di Washington espone i capolavori di Joachim Anthonisz Wtewael (1566-1638) in PLEASURE AND PIETY: THE ART OF JOACHIM WTEWAEL (1566-1638), dal 28 giugno al 4 ottobre al Piano Principale dell’Edificio Ovest.

Il pittore di Utrecht ha assorbito gli stilemi pittorici delle maestranze della generazione precedente, dal cangiantismo e dall’arrovellamento delle figure di Spranger alla possanza della muscolatura che si divincola vibrante nei corpi dell’incisore Hendrick Goltzius, uno dei maggiori rappresentanti della scuola di Haarlem, e li ha asserviti allo sviluppo dell’arte che porterà poi al grande barocco, non solo esplicandosi nel campo della ritrattistica o della pittura di genere, ma anche nella narrazione delle favole mitologiche o dei racconti biblici.

Nel primo gruppo rientra l’olio su rame con Marte e Venere sorpresi da Vulcano (1604-1608) dove una composizione movimentata fa erompere in mirabili scorci e mirabolanti pose volumi di uomini e donne trattati con ardito interesse per le fibre muscolari; al secondo appartiene Mosè colpisce la pietra (1624), un olio su pannello in cui una scenografia quasi teatrale si dipana con magniloquenza sui vari livelli narrativi, da un primo piano con animali a un ultimissimo in cui la carovana del popolo di Israele ancora si abbarbica per giungere a un luogo di refrigerio.

Accanto a 37 dipinti, 11 disegni manifestano la mano felice dell’autore che fu spesso tradotta in incisioni a bulino. La penna non appiattisce le figure, ma ne comporta un’esaltata luminescenza, un’eleganza quasi settecentesca, dove la brillantezza del foglio fa risaltare la delicata linea dei contorni assieme alle ombre nitide e opalescenti.

pleasure-and-pietyI prestatori sono vari, dal Centraal Miseum di Utrecht al Louvre al Museum of Fine Arts di Houston e l’esposizione tende a sottolineare l’importanza di questo raccontastorie, un novellatore di fine secolo che è stato troppo a lungo considerato una voce minore del coro: eppure senza personaggi di questo calibro (che hanno tuttavia un enorme debito nei confronti del non raggiunto Spranger nell’aver posto già le basi per l’apice dell’Età d’Oro dei Paesi a nord e a est dell’Italia) non avremmo avuto lo sviluppo di quel lignaggio italiano che alle porte del Seicento si presentava come linguaggio comune, koinè culturale dell’Europa, radice dei successivi sviluppi per tutti i territori limitrofi e non.

Sarebbe come continuare a leggere una storia, un romanzo appassionante che ci cattura, e dover per forza saltare alcuni capitoli perché il supporto che stiamo usando ha le pagine e le righe corrispondenti cancellate. Allora sapremmo la storia solo a grandi linee.