Riceviamo da Luigi Caria, Federazione PCI Viterbo, e pubblichiamo
Si chiude un anno che per Tarquinia è stato un cammino in salita. Quando le cose vanno “così così”, il primo dovere è l’onestà intellettuale per capire perché siamo inciampati e non ripetere gli stessi errori.
- La ferita dell’alluvione e i fondi contesi
Il 2025 resterà l’anno del fango di febbraio. Oltre ai danni materiali (oltre 650.000 euro), resta la polemica politica sui risarcimenti della Regione Lazio, messi a rischio da ritardi burocratici e problemi tecnici. La trasparenza su questo punto è un atto dovuto ai cittadini. - Decoro urbano e gestione rifiuti
Non si può parlare di “Capitale della Cultura” con cassonetti stracolmi e incuria stradale. Il decoro non è un lusso, ma il biglietto da visita della città, e quest’anno la gestione dell’ordinario ha mostrato forti criticità, specialmente nei periodi turistici. - Tensioni politiche e stallo
L’amministrazione ha affrontato un anno difficile in Consiglio, tra revoche di deleghe e una contrapposizione accesa che ha rallentato i grandi progetti. Dalla gestione del lungomare al futuro del porto, serve una visione che superi l’emergenza quotidiana. - Una visione per il futuro
Tarquinia ha resistito grazie alla forza dei suoi agricoltori e delle sue associazioni. Ma la resistenza non basta più. Serve un patto di chiarezza tra istituzioni e cittadini per trasformare il potenziale della città in realtà concrete.
