In cucina con Vittoria: la cucina ai tempi degli Etruschi

banchettoIn occasione di Cerealia 2015 – il cui primo appuntamento è in programma martedì 9 giugno alle ore 18 presso la Sala degli Agostiniani di San Marco, alla Barriera San Giusto, a Tarquinia – ho voluto ricordare l’alimentazione degli Etruschi.

I principali elementi per la ricostruzione dell’alimentazione etrusca ci vengono dai dati archeologici. Nel periodo più antico l’alimentazione base della maggioranza della popolazione era costituita da cereali, principalmente frumento, farro, panico ed orzo. Ma cosa mangiavano gli etruschi ? Indubbiamente, come detto prima, il farro – sia in farina che intero: in farina facendo la puls, una sorta di polentina, ed intero cotto insieme ai legumi o con aggiunta di verdure.

Gli Etruschi usarono il pane molto tempo prima dei Romani ed una caratteristica che distinguerà nel tempo l’alimento per eccellenza delle due popolazione è l’assenza di sale e di lievito: gli Etruschi, infatti, non saleranno mai il pane, uso che ancora oggi sopravvive e connota la Toscana, l’Umbria e la provincia di Viterbo e la panificazione sarà o con pasta acida o con fermentazione .

Soltanto più tardi i grani più raffinati (frumenti), provenienti dalle terre di conquista (Egitto), cominciarono a sostituire questo cereale nelle mense dei benestanti e nel II° secolo a.C., con l’avvento dei panettieri greci che fecero conoscere ai Romani il pane lievitato, il frumento divenne il grano più usato.

Tra le verdure, la parte del leone è rappresentata da bietole, cicorie, aglio e cipolla, rape e porri, finocchi e cardi, carciofi e carote selvatiche, basi immancabili di zuppe e minestroni. Solo le cipolle sono mangiate in scarsa quantità dalle classi agiate e sempre esclusivamente cotte: come pure i legumi, lenticchie , ceci , fagioli e fave, anche queste cotte per le classi agiate. Questo per differenziarsi dalle classi sociali più povere che, invece, ne facevano largo uso. Utilizzavano gli asparagi selvatici, i funghi e i tartufi.

Nei possibili retaggi della gastronomia etrusca compaiono spesso le castagne (minestra di castagne del viterbese, il castagnaccio di Firenze). La frutta esisteva e c’era il castagno, il pero, il sorbo, il noce, il melograno, il melo, ma anche i fichi, le more e l’uva.

In Etruria la religione e la cucina si incontrano spesso ed è così che quasi tutte le piante sono dedicate a divinità: il mirto a Tarun, l’alloro a Febo, il nocciolo a Fillide, la vite a Phuphuluns (il Bacco dei Romani); a Priapo, con il suo culto fallico, si dedicano latte e focacce.

Ma l’Etruria è principalmente terra del vino: la coltura della vite è conosciuta dal IX sec. a.C. Il temine latino VINUM non deriva, come si potrebbe erroneamente supporre, dal greco, ma dall’etrusco UINOM. Inoltre, in Italia i primi a produrre e bere birra furono gli Etruschi.

La scoperta archeologica avvenuta nel 1995 a Pombia (in provincia di Novara), in territorio anticamente abitato dalle popolazioni Liguri, ha portato alla luce un antico vaso, perfettamente integro, del VII sec. a.C. e appartenente  all’alveo proto celtico della cultura di Golasecca, contenente i resti di una bevanda fermentata all’orzo e, cosa ancora più sorprendente e significativa, luppolata. Ma gli Etruschi avevano introdotto in Italia l’orzo e pertanto da questi nasce la fermentazione di questo cereale per produrre birra.

Nella Maremma laziale l’habitat naturale era adattissimo all’allevamento e al pascolo, mentre la selvaggina era veramente abbondante: cinghiali, ancor oggi presenti numerosi nelle zone, cervi, caprioli, capre selvatiche, lepri, l’antico bue selvatico (Bos Taurus Urus), volatili terrestri ed acquatici in gran quantità ed anche orsi. Si mangiavano anche i corvi, le ghiandaie, i tassi, la spinosa (istrice detto anche “porcospino”) e forse anche le arvicole ed i topi campagnoli.

Il maiale, allevato semibrado nei boschi ricchi di ghiande, e la pecora compaiono di frequente sulle tavole dei banchetti (ancora oggi nel viterbese è famosa la porchetta alla finocchiella e a Tuscania la zuppa con la pecora). Gli Etruschi erano anche dei bravi caseari, cagliavano con il caglio naturale proveniente dalla pianta del fico o del cardo.

Alcune ricette che ci hanno tramandato sono le zuppe di verdure e di legumi, di certo non come si usa adesso, ma senza quegli ingredienti che sono stati introdotti dopo la scoperta delle americhe da parte di Cristoforo Colombo. Non troveremo patate, pomodori, peperoncini, ecc. Pertanto avremo ricette come:

La minestra di fagioli e bieta selvatica

Ingredienti
Aglio
Bieta selvatica
Fagioli lessati
Olio extravergine di oliva
Sale

Procedimento

Si prepara un soffritto con olio e aglio, si aggiunge la bieta selvatica tritata grossolanamente, si aggiunge acqua e si fa cuocere; quando è tenera si uniscono i fagioli lessati e un po’ della loro acqua di cottura, si sala e si fa insaporire tutto insieme. Si dispone nel piatto. Si può mangiare anche fredda.

Pizzette fritte (Pizzarelle)

Si prendono dei pezzettini di pasta lievitata per la pizza e si stendono fino a dargli una forma tonda, si fa un buco al centro e si friggono le pizzarelle in strutto bollente. Si scolano quando sono ben dorate e si mangiano calde. A piacere ci si può versare sopra miele o sale. Le pizzarelle si possono cuocere anche sul testo di terracotta.

A cura di Vittoria Tassoni Esperta in Cultura Gastronimica