Di vino, birra e altro ancora: un’occhiata storica all’utilizzo delle bevande alcoliche

Uno spazio dove si parli e racconti degli usi e costumi del periodo storico di fine XIV secolo: è quanto troverete su lextra.news grazie alla disponibilità, passione e competenza dei componenti dell’associazione Scudo e Spada, già molto attivi sul territorio con attività di didattica, laboratori ed accampamenti medievali.

“Monaco che assaggia il vino” dalla versione francese del Regimen Sanitatis di Aldobrandino da Siena, Li Livres du Santé, XIII sec., Sloane 2435, f 44v, British Library, Londra

di Azzurra Guido
curatrice storica “Associazione Scudo e Spada”

L’utilizzo di bevande alcoliche risale alle origini dell’uomo: si stima, infatti, che già le popolazioni preistoriche facessero uso di alcuni derivati dalla fermentazione della frutta, avvenuta naturalmente su residui avariati all’interno di contenitori.

Con la coltivazione dei cereali, in seguito, gli uomini scoprirono la birra, le cui più antiche ricette risalgono a tavolette mesopotamiche vecchie 6 mila anni che contengono ricette illustrate di varie tipologie di birra e nominano esplicitamente il mestiere del birraio. Nell’antica Grecia, bevanda d’elezione era il vino considerato sinonimo di civiltà e la coltivazione della vite aveva raggiunto anche l’Italia, importata in Sicilia nel I millennio a.C. dai Fenici e diffusa in tutto il centro per opera degli Etruschi.

A Roma, quindi, il vino era parte integrante dell’alimentazione, arricchita anche dalle bevande tipiche delle genti con cui questo popolo di conquistatori entrava in contatto: erano largamente consumate sia la cervisia, la birra di origine celtica, che lo zythum, la birra egizia, e non si disdegnava neanche l’aqua mulsa, ossia l’idromele, il prodotto della fermentazione alcolica del miele, proveniente dalle aree germaniche.

Ed è così che vino, birra ed idromele arrivarono sulle tavole medievali dove il bere condiviso, dai banchetti alle taverne, era considerato un piacere. Inoltre, la cattiva reputazione dell’acqua legata alla difficoltà di reperirla potabile che, di conseguenza, portava a considerarla come pericolosa per la salute, contribuì a conferire alle bevande alcoliche l’etichetta di sostanze benefiche per la salute dell’uomo, garantendone una larghissima diffusione.

Il vino era la bevanda per eccellenza, considerato salubre, nutriente, benefico per il corpo e per la mente. Le fonti a nostra disposizione sono numerose e si arricchiscono di testi dedicati all’arte culinaria, grazie ai quali sappiamo che erano presenti numerosi vini di frutta: il sidro dalla fermentazione delle mele e delle pere, il vino di melagrana, di ciliegie e di more. Bevuto al naturale durante il pasto o come tonico, poteva diventare un ottimo digestivo se aromatizzato con spezie, conosciuto, a seconda della ricetta, come chiarea o ippocrasso.

Nelle regioni dell’Europa centro-settentrionale continuarono ad essere consumati in generose quantità idromele e birra, ai quali si aggiunse il braggot, in latino mellita cervisia, un fermentato di miele e malto che rimase, però, pressoché sconosciuto nell’area mediterranea. La birra, in particolare, conobbe un successo notevole: da lavorazione casalinga, si avviò a diventare quasi una produzione industriale, quando si introdussero, in Germania, i recipienti di rame che conferirono alla birra caratteristiche più raffinate. Inizialmente aromatizzata con ginepro, rosmarino e resine, o con una miscela conosciuta come gruyt (ambra, lampone, pepe, finocchio, giusquiamo, lavanda, anice, zafferano, cannella, genziana e chiodi di garofano), fece un salto di qualità ulteriore quando, all’interno dei monasteri si scoprì il perfetto connubio tra malto d’orzo e luppolo, pianta le cui proprietà erano state scoperte e studiate da suor Hildegarda von Bigen. Quest’ultimo ingrediente all’epoca era molto costoso, per cui contemporaneamente si ebbe il consumo della birra prodotta sia con che senza luppolo, elemento rimasto nella distinzione fatta in lingua inglese tra “ale” (senza luppolo) e “beer” (con luppolo).

Destinata a diventare una delle bevande più amate, nel Medioevo la birra veniva prodotta principalmente nei monasteri: la più antica birreria monastica è quella dell’abbazia di Weihenstephan, vicino Monaco di Baviera, risalente al 1040. Non limitandosi solo a prepararla, i monaci erano anche i maggiori consumatori, al punto che la formula “pane e acqua” riservata per i giorni di digiuno potrebbe essere tranquillamente corretta in “pane e birra”. Le fonti ci riportano, infatti, la prescrizione “cervisia bibe sed sobrie” cioè di bere birra ma sobriamente, il che significava non arrivare a forme gravi di ubriachezza. Insomma, la birra era la bevanda di chi conduceva una vita in penitenza, una penitenza che prevedeva il consumo dai 5 agli 8 litri al giorno!

La vera novità del Medioevo nel campo delle bevande alcoliche fu quella di aver introdotto in esso un processo che fino a quel momento era stato utilizzato per scopi medicinali dagli Arabi ed era confluito nella disciplina dell’alchimia: la distillazione.

Metodo conosciuto già dagli antichi greci e romani, venne perfezionato grazie alla realizzazione dell’alambicco di rame da parte della sacerdotessa alessandrina conosciuta come Maria l’Ebrea, la prima alchimista storicamente documentata (curiosità storica: a lei si deve anche l’invenzione del “balneum Mariae”, il bagnomaria, tecnica di cottura che conosciamo ed utilizziamo ancora oggi). I filosofi arabi Avicenna e Rhases descrissero per primi il processo di distillazione, utilizzando la parola Al-kohol, che significa “cosa sottile”, per descriverne il risultato.

Utilizzata per produrre soluzioni medicinali, la distillazione fu catalogata sistematicamente, insieme alle altre conoscenze provenienti dal mondo arabo, dalla Scuola Medica Salernitana nel X secolo. Ed abbiamo così la prima ricetta dell’alcol distillato a partire da una bevanda fermentata: “mescolando vino fortissimo e puro con 3 parti di sale e riscaldandolo in recipienti adatti allo scopo, si ottiene un’acqua infiammabile”. Il passaggio all’alchimia fu naturale: l’alcol, quella materia sottilissima, doveva rappresentare la vera essenza delle cose. Gli alchimisti sostenevano che il liquido ottenuto dalla distillazione contenesse una concentrazione degli elementi essenziali di qualsiasi sostanza, determinanti il suo “spirito”, la quintessenza. E quell’acqua infiammabile, aqua ardens, prodotta dalla distillazione del vino, prese il nome di aqua vitae, “acqua della vita”, il primo spirito realizzato, consumato prima per i suoi benefici per la salute e poi per la piacevolezza del gusto. A Firenze fu applicato per la prima volta il processo di doppia distillazione, ottenuta utilizzando il serpentino che, immerso in acqua fredda, permetteva la condensazione dell’acquavite. E da Venezia iniziò la sua commercializzazione, anche come metodo curativo contro gotta e peste.

In Germania prese presto piede la produzione di distillati casalinghi e nel XIII secolo era diventato ormai di uso comune un distillato chiamato gebrandtwein (vino bruciato) o hausbrand (fuoco di casa), l’antenato dell’odierno Brandy.

Nella regione francese del Bas-Armagnac, in Guascogna, il frate francescano, ordinato poi cardinale, Vital Du Four, nel suo manoscritto del 1310 elencò ben 40 principi terapeutici di un distillato chiamato aygue ardente o aygordent, in assonanza con l’aguardiente di tradizione spagnola, che evolverà nel distillato oggi conosciuto proprio con la denominazione della regione di provenienza, l’Armagnac. Le strade della Guascogna erano percorse dai pellegrini in cammino verso il santuario di Santiago, rappresentando la porta verso i Pirenei. E l’intenso traffico di devoti risultò la migliore pubblicità per il distillato, considerato un corroborante e lenitivo della fatica prima del difficile valico delle montagne.

Di più tarda realizzazione è l’antenato del Gin, il Genever, prodotto in Olanda nel XVII secolo, un liquore per la cui preparazione veniva usato il ginepro, al fine di mascherare il sapore dell’alcol ma le fonti riportano un suo probabile predecessore medievale, un distillato a base di ginepro preparato da monaci italiani come rimedio per la grande peste del 1347.

Portato oltre confine dai monaci viaggiatori, il processo di distillazione giunse in Scozia e Irlanda dove, a causa della carenza di uva e vinaccioli, come base fermentata venne creato il grain mash, una miscela di grano o mosto di grano. Il risultato ottenuto ebbe comunque la denominazione di acqua di vita, in gaelico uisge beatha, da cui deriva il nome con cui questo distillato è conosciuto, whiskey. Sulla sua origine non esistono testimonianze storiche certe e la sua prima distillazione è rivendicata allo stesso modo sia dagli scozzesi che dagli irlandesi. Abbiamo, tuttavia, la prima notizia di commercio di whiskey negli Annali di Clonmacnoise (Irlanda) del 1405, in cui si racconta di un ordine in particolare e delle sue conseguenze. E’ riportato, infatti, che “il capo del clan [che lo aveva richiesto] morì dopo aver preso una quantità eccessiva di aqua vitae per Natale”.  

Ancora una volta il Medioevo si mostra come un periodo di contraddizioni dove, da una parte, si condannano e si espongono al pubblico ludibrio gli ubriachi, vestendoli con barili di birra, e dall’altra si magnificano le virtù delle acqueviti e non si pone limite alla creatività umana. Lontano nuovamente dall’idea contemporanea di “secoli dell’astensione”, il concetto medievale di sobrietà si basava, quindi, più sull’ idea di una moderazione degli eccessi, con ampi margini di tolleranza.

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The use of alcoholic drinks goes back to the human origins: it is estimated, in fact, that the prehistoric population already used some derivates of fruit’s fermentation, naturally occurred on rotten waste inside a container. After that, with the cultivation of cereals, men discovered beer, whose most ancient recipes date back to some 6 thousand years old mesopotamian tablets which report explicitly the craft of brewer. In ancient Greece, the favorite beverage was wine, considered synonymous with civilization and the cultivation of vine had reached also Italy, imported in Sicily in the I millennium b.C. by the Phoenicians and widespread throughout central Italy by the Etruscan. In Rome, then, wine was an integral part of the diet, enriched with the popular beverages of people this nation of conquerors came in contact with: were widely consumed both cervisia, celtic beer, and zythum, egyptian one, and it wasn’t disdained also aqua mulsa, the mead, made from alcoholic fermentation of honey, from the germanic areas. And it was in this way that wine, beer and mead arrived on the medieval tables where the shared drinkink, from banquets to inns, was considered a pleasure. In addition, the bad reputation of water, linked to the difficulty of taking it potable that, consequently, led to consideri t dangerous for health, contributed to give to alcoholic drinks the label of benificial substances for men’s health, ensuring a great diffusion.

Wine was the drink of excellence, considered healthy, nourishing, benefical for both body and mind. The sources a tour disposal are several and they are enriched by texts dedicated to culinary art, thanks to which we know there were various fruit wines: the cider from apples or pears fermentation, pomegranate, cherry and mulberries wines. Drunk naturally during the meal or as a tonic, it could become an excellent digestive if flavoured with spices, known, according to the recipe, as chiarea or ippocrasso.

In the north central Europe, mead and beer were largly consumed, together with the braggot, mellita cervisia in latin, a fermented beverage of honey and malt that remained just unknown in the mediterranean area. Beer, in particular, had a great success: from homemade, it started to become an almost industrial production when, in Germany, copper vessels were introduced and the gave the beer finest features. At the beginning flavoured with juniper, rosemary and resins, or with a mixture called gruyt (amber, raspberry, pepper, fennel, henbane, lavander, anise, saffron, cinnamon, gentian and cloves) it made a futher qualitative leap when, inside convents, it was discoveres the perfect blend between barley malt and hop, plant whose qualities had been discovered and studied by sister Hildegarde Von Bigen. This last ingredient was very expensive at that time so, simultaneously, we had the consumption of beer made both with and without hop, that remained in the english distinction between ale (without hop) and beer (with hop). Destined to become one of the most loved beverage, in the Middle Ages beer was made mostly by convents: the most ancient monastic brewery is that on Weihenstephan abbey, near Munich, dating from 1040. Not only by preparing it, the monks were also the biggest consumers, to the point that the formula “bread and water” reserved for fasting days could be correct as “bread and beer”. The sources report the prescription “cervisia bibe sed sobrie” that means “drink beer but soberly” that is do not reach serious forms of drunkenness. In short, beer was the beverage for people who spent a life of penitence, a penitence which provided a consuption from 5 to 8 litres per day!

The real news of Middle Ages in the field of alcoholic beverages was to hav introduced in it a process that, until that moment, had been used for medical purposes by the Arabs and it was merged in the Alchemy: the distillation.

Just known by the ancient Greeks and Romans, it was perfected with the invention of copper pot-still by the alexandrian priestess Mary the Jude, the first alchemist historically known (a historical curiosity: she also invented the “balneum Mariae”, bain-mary, the cooking technique we know and use still today).

Tha arabian philosophers Avicenna and Rhases described the distillation process, using the word Al-kohol, that means “fine thing” to indicate its result. Used to make medical solutions, the distillation was sistematically listed, together with the other knowledges from islamic world, by the Medical School of Salerno in the X century. And so we have the first recipe of a distilled alcohol from a fermented beverage: “by blending a strong and pure wine with 3 parts of salt and by heating it up in a container suitable for the purpose, we obtain a flamable water”. The passage to the Alchemy was natural: the alcohol, that very fine matter, should represent the real essence of things. The alchemists believed that the liquid obtained by distillation contained a concentration of basic elemets of every matter, determining its “spirit”, the quintessence. And this flammable water, or aqua ardens, made from wine distillation, took the name of aqua vitae, water of life, the first spirit, consumed first for its health benefits and then for its plaesant taste. In Florence the double distillation process was applicated, obtained by using the serpentine that, immersed in cold water, allowed the firewater condensation. And from Venice its marketing began, used also as curative remadial against gout and plague.

In Germany took early root the production of homemade spirits and in the XIII century bacame of common use a spirit called gebrandtwein (burned wine) or hausbrand (home’s fire), the father of Brandy.

In the French disctrict of Bas-Armagnac, in Gascony, the franciscan friar, the cardinal, Vital du Four, in his manuscript in 1310, listed 40 terapeutical principles of a spirit called aygue ardente or aygordent, similar to the Spanish aguardiente, that is today known with its designation of origin, the Armagnac. Gascony’s streets were walked by pilgrims to the Santiago sanctuary, representing the door to the Pyrenees. And the intense traffic of devotees was the best advertisement for this spirit, considered a corroborant and a lenitive of fatigue before the hard mountain pass.

The ancestor of Gin, the Genever, was later realized in Holland in the XVII century, prepared with juniper to mask the taste of alcohol but the sources reported a probable medieval predecessor, a spirit made from juniper invented by some italian monks as a remedy against the Black Plague.

Brought across borders by travelers monks, the distillation process arrived in Scotland and Ireland where, because of the lack of grapes and grapes seed, as fermented base was created a grain mash. The result had, anyway, the nomination of water of life, in gaelic uisge beatha, from which comes the name of this spirit, whiskey. On its origin there aren’t certain historical evidence and its first distillation is equally claimed by both Scots and Irish. We have, however, the first news about whiskey trade in the Clonmacnoise Annals (Ireland) in 1405 where they told about a particular order and its consequences: in fact, the clan chief that asked for it died after “taking a surfeit [excessive ammount] of aqua vitae.

Once again the Middle Ages shows itself as a period of contradictions where, on the one hand, they condemned and exposed the drunkards to the public derision by dressing them with barrels of beer and, on the other one, they praised the virtues of spirits and don’t set limits to human creativity. Again far from the contemporary idea of “centuries of abstention”, the medieval concept of sobriety was based more on the idea of moderation of excesses, with wide tollerances.

FONTI

J. Verdon, Bere nel Medioevo. Bisogno, piacere o cura, Edizioni Dedalo, 2005, Bari.

M. Gavio de Rubeis, Birra nella storia. Ingredienti e preparazioni attraverso i secoli, I Doni delle Muse Edizioni, 2013.

E.J. Holmyard, Alchemy, New York, Dover, 1990

M. Alic, El legado de Hipatia: historia de las mujeres en la ciencia desde la antiguedad hasta fines del siglo XIX, Siglo XXI Editores, Madrid, 1991

J. Brown, A. Miller, Viaggio di Spirito. La storia del bere. Volume I: dalla nascita degli spirits alla nascita dei cocktail, Readrink, 2016

Vitalis de Furno (Vital du Four), Pro conservanda sanitate, manoscritto 1310, Moguntiae, apud Ivonem Schoeffer, prima edizione a stampa 1531