Fermatevi che io scendo: “Una bimba chiamata Gigi”

di Attilio Rosati

Mi hanno fermato i carabinieri. La domanda di routine: Buongiorno, “patente e libretto, grazie”. Tengo nella stessa custodia la patente e il bancomat, estraggo il cartellino distrattamente, stanco dal lavoro e dalla levataccia mattiniera e indovinate cosa porgo al solerte servitore dello Stato? Il Bancomat. Mi sorride bonariamente e mi fa “Cos’è un tentativo di corruzione”? Strappa anche a me un sorriso e una battuta. “ No, imbranataggine congenita!”

Riparo al mio errore, fa il suo controllo, con la massima perizia, cortesia e rapidità, ci salutiamo cordialmente; mentre torno a casa, scherzi della mente umana, penso a quella brutale testa di cazzo che ha soffocato con un ginocchio un cittadino americano fino a togliergli la vita e non posso fare a meno di ringraziare la Provvidenza o chi per lei, di essere nato in un paese civile, dove le pistole non si comprano al supermercato, dove se un cittadino litiga con un carabiniere nel 99 per cento dei casi ha torto lui e avrebbe fatto meglio a stare zitto e nel 100 per cento dei casi, sarà comunque rispettato e difeso. Persino quando non lo meriterebbe.

Penso a Gigi Floyd, che ho visto su Internet, una bambina di sei anni, figlia di quel cittadino americano ucciso senza pietà, che sorridente dice: “Papà ha cambiato il mondo”. Non à vero. So che non è cosi. La morte di quel cittadino americano non cambierà nulla.

Mi faccio prendere da un po’ di sconforto, ma poi penso che si possa davvero cambiare il mondo e potremo contribuire a farlo anch’io, che accetto di buon grado un controllo dei carabinieri, e quel carabiniere che mi ha fermato, ha sorriso di fronte alla mia imbranataggine e ha fatto il suo dovere.  Fino in fondo e nel rispetto delle regole di civiltà, oltre che di quelle della strada.