Lettere al Direttore: “Un pensiero per mostrarvi Tarquinia come io la vedo”

Riceviamo e pubblichiamo

Amici, scrivo questa lettera, questo pensiero perché credo sia opportuno mostrare Tarquinia per come è vista da un ragazzo/uomo che vi è cresciuto e con l’occasione esprimere una personale opinione su quanto accadrà l’11 giugno. Chissà, magari converrete con me.

Beninteso, premetto che non ho l’ardire di definirmi un cornetano D.O.C., non ho mai sentito questo morboso attaccamento e amore per la nostra Tarquinia, non ho mai apprezzato a pieno la cultura del nostro paesello. Questo almeno fino a qualche anno fa quando ho cominciato a notare i difetti e i punti di forza del nostro territorio. Ad essere sincero, pur essendo giovane, non ho molti ricordi di quando ero bambino, se non quelli solari di un ragazzino che giocava al parco sotto casa (ormai ahimé in stato di abbandono totale) con altri coetanei, che accarezzava Pippo fuori scuola e che quando andava al mare correva tra un ombrellone e l’altro in cerca di uno spicchio d’ombra perché la sabbia scottava. Ricordo i tempi in cui tutto era semplicemente più vivo, più colorato. Forse il fatto che quando si è piccoli tutto appare più magico, forse il “progredire” dell’età e lo sviluppo di un maggior spirito di osservazione e pensiero critico, forse (anzi sicuramente) un moderato pessimismo alla base di tutti queste riflessioni, fatto sta che col tempo ho iniziato ad aprire gli occhi sul Mondo e le orecchie alle persone con cui mi sono confrontato nel corso degli ultimi anni. Il risultato di tutto ciò è stato straziante: i colori sono pian piano sbiaditi e il mio fanciullesco ottimismo ha ceduto il posto ad una più rassicurante diffidenza. Sento di essere giunto ad una conclusione: Tarquinia sta morendo, sta diventando una città fantasma che palesa il suo potenziale e le sue caratteristiche in sparute occasioni durante l’anno. Il paese non offre attrattive per i giovani che spesso “espatriano” nelle vicine località pur di passare una piacevole giornata o serata. I beni culturali di cui tutti noi ci vantiamo per l’unicità mondiale e che sono riconosciuti nella loro importanza dall’UNESCO sono in uno stato pietoso sepolti da sterpaglie che rovinano la godibilità di un posto magnifico e che possono celare inaspettati pericoli. Il centro storico non offre servizi ai turisti che si trovano a camminare in un borgo medievale con angoli fatiscenti e vie principali quasi vuote. L’economia locale è pressoché inesistente: gli artigiani non riescono ad esporre le proprie opere e per un negozio che viene aperto (e che molto spesso ha vita breve) un altro viene chiuso. Non troppo tempo fa mi sono trovato testimone di un agricoltore locale, un omaccione grande dall’aspetto un po’ rude che pensando al territorio di Tarquinia, quel territorio che con dedizione e passione ha lavorato una vita, si è commosso fin quasi alle lacrime perché l’ha visto finire in mano a pescecani e sciacalli che hanno acquistato ettari di terreno a prezzi irrisori e li hanno trasformati in macchine da soldi, denaro che sicuramente non è stato reinvestito nella nostra Terra. Tutto ciò a discapito dell’agricoltura locale che sta perdendo la sua identità! Il litorale: Tarquinia ha tre località balneari che non vengono minimamente sfruttate. Sant’Agostino è abbandonata a sé stessa e sepolta dai rifiuti di persone incivili che campeggiano e poi abbandonano tutto in mezzo alla pineta e in condizioni analoghe si trova San Giorgio. L’unico punto forte su cui si cerca di puntare sempre è Tarquinia Lido, il “bellissimo” lungomare che “…non ha nulla da invidiare a Miami.” (così dichiarò un noto personaggio cinque anni fa). Beh anche questa zona è desolante. Tanto per rivangare nostalgici ricordi, quando il sottoscritto aveva quindici anni era quasi impossibile passeggiare per il lungomare dalla gente che ci stava tra turisti e tarquiniesi. Addirittura chi è più anziano e saggio di me racconta che tempo addietro era ancora meglio! Ora in un sabato di fine luglio per le strade del mare non c’è anima viva.

Questo resoconto non è solo il frutto dell’immaginazione di un pazzo, sono le testimonianze di imprenditori locali, di chi Tarquinia l’ha vissuta per oltre cinquant’anni, sono il frutto di persone che parlandomi mi hanno confidato che a Tarquinia si muore di noia perché non c’è nulla! Per giustificare tutto ciò, ci si potrebbe attaccare alla scusa di una crisi apparentemente senza fine ma sarebbe una scappatoia troppo comoda! Non è solo la crisi il problema. La verità credo è che una delle concause sia la passività con cui noi (esatto, tutti noi tarquiniesi, nessuno escluso) stiamo vivendo Tarquinia nonché l’inerzia con cui la stiamo facendo “vivere”! Voi ora potreste risentirvi nel vedervi tirati in causa da me, per molti un perfetto sconosciuto ma non me ne vogliate, cercherò di spiegarmi meglio. Penso che il fatto sia che noi tarquiniesi ci siamo inconsapevolmente impigriti, ci siamo così tanto abituati a non essere presi in considerazione, a non essere partecipi della vita del nostro paese che ormai non ci rendiamo neanche conto di esserci disinteressati di qualsiasi cosa accada, non ci importa di nulla perché siamo convinti che il nostro pensiero, le nostre idee, le nostre esigenze non contino niente! Se ognuno di noi si facesse un esame di coscienza obiettivo credo che in molti giungereste alle mie stesse conclusioni.

Detto ciò voglio porvi due domande: Quanti si sono sentiti partecipi delle decisioni che hanno interessato le sorti del nostro comune negli ultimi anni? Credete di rappresentare un ruolo attivo nella vita di Tarquinia? A dirla tutta sono rimasto sconvolto nel rispondermi che per la mia città io non conto nulla. Non mi sento minimamente rappresentato. Non so come la pensiate voi.

Ma ora basta! È tempo che i Tarquiniesi riprendano in mano Tarquinia e la aiutino a rialzarsi! Riappropriamoci del diritto di partecipare! Non è giusto che continuiamo ad ingoiare ogni boccone amaro propinatoci da chi sta facendo sprofondare nel baratro la nostra bella terra! Non dobbiamo acclamare come pecore ogni mal odore emesso dalle bocche di queste persone! Abbiamo il diritto di esigere maggior rispetto e impegno sia nei nostri confronti sia verso Tarquinia! Dobbiamo agire ora e risorgere! Non sarà facile né rapido ma dovremo pur iniziare prima o poi.

A tal proposito! Uno dei primi strumenti che potremmo utilizzare liberamente è la testimonianza: raccontare quello che vediamo tutti i giorni. Andare ad informarci su cosa viene fatto nel palazzo dove i nostri rappresentanti si riuniscono e chiedere di prendere parte alle decisioni. Come elogiamo le iniziative positive che partono dai singoli cittadini o dalle associazioni locali abbiamo anche il diritto di criticare e chiedere spiegazioni di tutte le volte che è stata intrapresa una strada che ha portato Tarquinia un altro passo avanti verso il declino totale in cui versa ora. Testimonianza è anche diventare l’occhio del nostro paese e farsi carico di una responsabilità sociale e di un senso del dovere nei confronti del resto della popolazione. Per tornare al punto focale tutto questo è prendere parte attiva alla vita della nostra città.

Inoltre l’11 giugno sarà un giorno importante poiché una nostra scelta deciderà il nostro destino e quello della nostra città. Premetto che non intendo affrontare questo argomento con lo scopo di dirvi per chi votare. Ognuno ha le sue idee. Non vi scrivo neanche per dirvi che dovete andare a votare purché sappiate che è ancora un vostro diritto. Non pensate che una croce e un paio di nomi non possano fare la differenza.

Chi vincerà avrà l’onore ma anche l’onere di rappresentarci al meglio.

Qualcosa però sento di doverla dire: in questi giorni si è assistito ad una campagna elettorale senza esclusione di colpi tra gare a chi la spara più grossa, chi si vanta del record di lavori pubblici negli ultimi mesi, chi, a colpi di rivelazioni “shock”, ha cercato di accaparrare voti, senza dimenticare chi per “i più validi motivi” non ha partecipato al confronto con gli avversari e chi ha promesso posti di lavoro in caso di vittoria.

È vero la crisi c’è, è innegabile così come è innegabile che tutti abbiamo bisogno di lavorare, per noi e per le nostre famiglie. Va da sé quindi che davanti a promesse di lavoro chiunque potrebbe abboccare e regalare un voto a chi fa l’offerta migliore. Il lavoro è sempre stato la moneta di scambio dei politicanti. Gli stessi che una volta ottenuta la vittoria si presentano con lo sguardo trafelato e imbastiscono scuse come «Abbiamo delle “difficoltà”, dobbiamo risolvere delle “incombenze”, ci dispiace ma per stavolta non se ne fa nulla ma vincendo le prossime elezioni vedrai che qualcosa faremo». Questa è una delle piaghe più dolorose e schifose della politica, soprattutto locale. Giocare sulle spalle di chi ha bisogno di lavorare per garantire una vita decorosa a sé stesso e ai suoi cari è la mossa più scorretta di chi non riesce a trovare nuovi stimoli e impulsi per convincere gli elettori della validità del suo progetto.

Poi c’è chi dice «Non voto perché tanto sono tutti uguali/tutti ladri, pensano prima a loro». Gli “indignati”. Questi luoghi comuni danneggiano gravemente tutti quei politici e quei cittadini armati veramente di buone intenzioni che vogliono fare qualcosa di positivo e importante per il proprio comune e i suoi abitanti. Nel nostro caso credo che di sei candidati sindaco e di oltre duecentocinquanta candidati consiglieri qualcuno armato di buone intenzioni ci sia. Non credo siano tutti criminali. Se non siete soddisfatti di chi ci ha rappresentato finora, non azzoppate tutti. Non limitatevi a fare gli indignati perché in ogni caso avrete perso un’opportunità per far valere le vostre idee, avrete sciupato la possibilità di dire che voi meritate più del poco che vi è stato concesso finora! Come affermato poco sopra, se volete provare a cambiare le cose avete veramente la possibilità di farlo e le elezioni saranno il primo passo di una lunga marcia.

Per ultimo il capitolo del “voto buttato”. Durante questo periodo ho sentito un sacco di persone dire che i voti affidati a liste civiche, o meno blasonate dei classici partiti sono voti buttati. Capiamoci bene se votate secondo una vostra idea e/o perché credete fermamente in una determinata persona nessun voto è buttato! Alla fine magari chi avrete scelto non vincerà ma almeno voi avrete votato chi volevate e avrete esercitato un vostro diritto godendone in tutto!

Al di là dei colori politici. A prescindere dai vincoli di parentela, in questo campo forse molto più determinanti di valori più alti e apprezzabili in un candidato. Al netto delle miriadi di promesse che forse verranno mantenute ma probabilmente no. Forse la cosa migliore sarebbe votare chi come unica promessa farà quella di impegnarsi ogni giorno, con costanza, dedizione e passione per garantire un futuro migliore a noi e a Tarquinia.

Grazie per la pazienza infinita e l’attenzione. Ciao!

Germano Modesti