#parliamone – “Alla città servono idee, e per le idee servono i talenti”: l’opinione di Francesco Micocci su Tarquinia

Torna #parliamone, il forum virtuale de lextra.news per parlare di Tarquinia. Dopo le interviste ad alcuni giornalisti locali, apriamo a coloro che hanno fatto richiesta di dire la propria. Chiunque voglia essere intervistato, può contattarci alla nostra pagina Facebook o all’indirizzo redazione@lextra.news. Intanto anticipiamo che, a breve, chiederemo un’intervista simile a tutti coloro che hanno annunciato la propria candidatura a sindaco.

“Una canzone per descrivere Tarquinia? Scherzando, fossi pessimista, potrei dirti “Non c’è più niente da fare”, di Bobby Solo. Ma io sono ottimista e positivo, e rispondo “Si può dare di più”, magari traslandolo in “Si deve dare di più”: con le competenze, che Tarquinia ha in abbondanza”.

Francesco Micocci, produttore ed editore musicale, avvocato esperto in diritto d’autore e contrattualistica musicale, originario di Roma ma ormai tarquiniese a tutti gli effetti, è stato protagonista di una nuova chiacchierata per #parliamone, il forum virtuale de lextra.news per discutere di Tarquinia, dei suoi problemi e delle soluzioni per il suo futuro.

“Che vivo qui stabilmente, sono oramai undici anni – racconta Francesco – ma frequento Tarquinia dagli anni ’70: avevo una fidanzata che aveva casa a Marina Velka, ho conosciuto la città e, da allora, ho trascinato tutta la famiglia. Abbiamo anche comprato una casa, rimasta nostra sino al 2010: ora mia mamma e mia sorella sono a Roma, mio fratello invece vive qua”.

“Il primo impatto, per me, giovane, che venivo da Roma, fu esaltante – ricorda pensando al primo contatto con la città – Pareva tutto bello, era estate, ci si divertiva. Certo, non c’erano tanti locali quanto a Roma, ma ce la si cavava. Gli anni ’70, poi, sono stati un momento molto vivace, anche dal punto di vista turistico”.

“Questa è la cosa che trovo cambiata di più – confida – Paradossalmente, soprattutto dal 2004, quando è diventata patrimonio dell’Unesco, la città è turisticamente calata in maniera evidente. Come se la gente stesse bene così e non ci sia voglia di crescere: così, Tarquinia resta chiusa in sé stessa, perché si basta. O si bastava: perché ora ci sono nuovi problemi e necessità, e bisogna fare nuovi passi verso un orientamento turistico diverso”.

“In fondo, – prosegue la riflessione di Micocci – questa verginità di Tarquinia è allo stesso tempo la sua bellezza ed il suo difetto: perché, soprattutto a confronto con la città, è rimasta pura, sicura, tranquilla. Ma si è anche chiusa su se stessa, ed è un problema. Eppure la città ha così tanto che potrebbe bastare per far stare bene tutti: dalla spiaggia alla cultura, passando per la storia. Ora sembra tutto un po’ abbandonato a se stesso”.

Ma quali sono le chiavi per ripartire? “Innanzitutto la qualifica di Patrimonio dell’Umanità – risponde Micocci – che deve essere un cappello ad ogni iniziativa che si porta avanti. La promozione turistica è importantissima, e soprattutto l’importanza della civiltà etrusca è fondamentale, anche per il ruolo avuto nella storia romana, che poi l’ha assimilata. Quindi, come prima cosa, bisogna far conoscere questa storia millenaria che non tutti sanno, perché la gente che gira il mondo è a caccia di storie vere: in un momento in cui vicende e aneddoti sono cose ricercate, spingiamo in tal senso nell’organizzare il turismo, anche proponendo queste idee ai tour operator per spingerli a portare gente da Civitavecchia”.

Compito non facile, ma Francesco Micocci ha qualche idea in merito. “Innanzitutto introducendo una tassa di soggiorno finalizzata – esordisce sul tema – che permetta di aumentare a bilancio le risorse destinate a turismo, cultura, arti e spettacoli, quindi studiando una calendarizzazione efficace degli eventi, perché non si sovrappongano. E poi, creando una figura diversa dal tradizionale assessore alla cultura o allo spettacolo, io lo chiamo assessore alla ricerca e valorizzazione dei talenti locali, che con competenza cerchi le eccellenze in ogni ambito: e Tarquinia, la storia millenaria lo dimostra, ne ha avute e continua ad averne di persone così”.

“A questa città servono idee – continua – e per le idee servono i talenti. Tarquinia deve puntare al massimo, divenire un brand famoso nel mondo, e per farlo occorre coinvolgere i professionisti: sia i tanti tarquiniesi, sia persone non natie di qua, che però di Tarquinia si sono innamorate. Sono risorse che non vanno allontanate, ma coinvolte. E non come fatto con il teatro: non concordo con la gestione affidata ad ATCL. Per me quella struttura deve vivere almeno 100 giorni l’anno, per affrontare anche i costi di gestione. E per riuscirci, bisogna coinvolgere le scuole locali, le piccole compagnie con grandi attori, per situazioni adatte alla struttura di quel palco”.

Infine, un ultimo passaggio della chiacchierata tocca l’ambito più caro a Francesco: la casa editrice IT, fondata da suo padre e in cui lui ha mosso i primi passi, ha infatti lanciato cantautori del calibro di De Gregori, Venditti e Rino Gaetano. “E mi piace ripensare ai tempi della IT, alla collaborazione tra quei giovani artisti – spiega Francesco – e riportarla ad oggi, in un tentativo di collaborare, di mettere assieme. Tarquinia di talenti, anche musicali, ne ha tanti. Penso ad Alessio Bernabei, che sta facendo un duro percorso verso la strada da cantautore, disposto anche a star fermo qualche tempo per tornare, alla fine, cresciuto come artista. E a tutta quella che io chiamo la “cantera” tarquiniese: da Gabriele Ripa, compositore e cantautore, a Michele Mainardi, un vero poeta in musica, talento raro, sino a Marco Contestabile, bravissimo. Ma – e ne cito solo alcuni – non vanno dimenticati talenti più o meno giovani come Guiducci, Giacinto Mazzola, quelli che sono stati i Rebus, passando per Pietro Pacini o Enzo Scamponi, il cui figlio Enrico è un pianista talentuosissimo. Per finire, poi, con i ragazzi del Cag”.

“Ecco – conclude – al Cag hanno lavorato e lavorano tanti ragazzi bravi: ma secondo me andrebbero seguiti da una direzione artistica che possa indirizzarli, altrimenti mi sembrano un po’ lasciati a se stessi, musicalmente parlando”.