Book Notes – Parole nella tempesta. I segni di un’infanzia infelice da Amy Witting ai Of Monsters and Men

Vi è mai capitato di leggere un libro, lasciarvi trasportare dalla storia, assaporare le sue parole ma allo stesso tempo sentire come una sorta di mancanza? Siete lì, vi state godendo il momento ma c’è qualcosa che non va, vorreste un elemento che completasse il senso di quello che state leggendo: la musica.

Chi l’ha detto che solo i film possono avere una colonna sonora? Perché non aggiungere l’ascolto di un brano che si adatti a pennello alle vicende dei protagonisti dei vostri libri preferiti? Noi ci abbiamo provato ed è così che, da due grandi passioni fino ad ora rimaste isolate, è nata la rubrica Book Notes.

Ora non vi resta altro che munirvi di un qualsiasi dispositivo che vi permetta di sentire le canzoni proposte mentre leggete le recensioni e il gioco è fatto.

Of Monsters and Man – “I Of The Storm” on Spotify

di Francesca Quondam Vincenzo

L’infanzia è per tutti noi quel mondo idilliaco a cui fare ritorno con la mente quando essere degli adulti con le proprie responsabilità, i doveri e i dispiaceri sembra più difficile. Ma cosa succede quando la gioia di quel periodo ci viene rubata e ogni ricordo connesso ad esso diventa un fantasma dal volto minaccioso che non riusciamo a scacciare? È possibile ritrovare quel pezzo mancante? E soprattutto dove trovare la forza di affrontare quel lungo viaggio dentro di sé quando tutte le certezze sembrano essere state capovolte in un girotondo infernale di sensi di colpa e inadeguatezza?

Isobel, la protagonista di “La lettrice testarda”, il romanzo di Amy Witting che grazie a Garzanti è stato finalmente tradotto e portato nei nostri scaffali, è solo una bambina quando la madre in occasione di ogni suo compleanno, le ricorda che nessuno dovrà mai saperlo e che non riceverà mai un regalo.

La sua è una famiglia come tante: una madre frustrata e in cerca di un capro espiatorio su cui far ricadere i suoi fallimenti e un padre assente a cui non interessa cosa succede nelle mura di quella casa dove l’unico conforto per la piccola Isobel sono i libri. C’è poi la sua bellissima sorella maggiore, Margaret, che come gli altri membri le ricorda costantemente quanto lei sia diversa.

Così come il brano dei Of Monsters and Men, “I of the storm”, il libro è pervaso da un malinconico senso di impotenza.

La trama, semplice e lineare in sé per sé, ci accompagna tappa per tappa nella crescita di questo personaggio talmente fragile da non riuscire neanche a distinguere cosa sia veramente una colpa, cosa faccia sì che a volte dalla sua bocca le parole escano con un tono aspro e canzonatorio senza che lei possa averne il controllo. “L’ idiota che è dentro di me”, è così che Isobel chiama quel subconscio indisciplinato che chiede che finalmente gli sia dato l’affetto che non ha mai ricevuto.

E quando l’idiota appare, possiamo sentire Isobel cantare sofferente le strofe “I feel it biting, I feel it break my skin, so uninviting. Are you really gonna need me when I’m gone? I fear you won’t, I fear you don’t”.

Tutto il libro è intervallato da veri flussi di coscienza che interrompono il normale corso degli eventi e ci trascinano nella ricerca di un posto a cui sentire finalmente di appartenere.

Entrando in contatto con la storia di Isobel ci si rende conto di quanto riparare uno strappo interiore causato da un’infanzia infelice sia una lotta continua in cui la vittoria spesso è fatta di brevi momenti di calma apparente pronti a dissolversi al minimo cambio del vento, ritrovandoci, come nella canzone, a tremare come una foglia mentre gli altri, i mostri che abitano il nostro passato, ci trascinano in profondità facendo appassire ogni germoglio di speranza.

E ritorniamo quindi alla domanda iniziale: cosa fare per essere finalmente liberi? Per Isobel la soluzione diventa palese solo quando finalmente capisce che “If I could face them, if I could make amends with all my shadows”, se trovasse cioè la forza di ripercorrere quel viaggio a ritroso, forse “l’idiota” smetterebbe di vivere come un eco nel suo respiro trasformando tutto quello che c’è di buono in lei nell’ennesimo fantasma.
Non si guarisce mai da un’infanzia infelice ma possiamo almeno imparare a direzionare il vortice di quella tempesta a nostro favore ricordandoci che tutti noi siamo “gli estranei, gli alieni” la cui unica colpa è solo quella di non essere stati amati abbastanza.