Book Notes – “Soffocare”, Palahniuk e il suo Victor se ne fregano. Come Achille Lauro

Vi è mai capitato di leggere un libro, lasciarvi trasportare dalla storia, assaporare le sue parole ma allo stesso tempo sentire come una sorta di mancanza? Siete lì, vi state godendo il momento ma c’è qualcosa che non va, vorreste un elemento che completasse il senso di quello che state leggendo: la musica.

Chi l’ha detto che solo i film possono avere una colonna sonora? Perché non aggiungere l’ascolto di un brano che si adatti a pennello alle vicende dei protagonisti dei vostri libri preferiti? Noi ci abbiamo provato ed è così che, da due grandi passioni fino ad ora rimaste isolate, è nata la rubrica Book Notes.

Ora non vi resta altro che munirvi di un qualsiasi dispositivo che vi permetta di sentire le canzoni proposte mentre leggete le recensioni e il gioco è fatto. Oggi tocca a Chuck Palahniuk e Achille Lauro.

Achille Lauro – “Me ne frego” on Spotify

di Francesca Quondam Vincenzo

Continuiamo con i compleanni d’autore (oggi è quello di Chuck Palahniuk) e soprattutto sulla scia “chiedo venia benpensanti, non mandatemi alla gogna” proponendovi un libro che attacca i pilastri di questa nostra meravigliosa società : religione, famiglia e amore.

Se tutti conosciamo Fight Club grazie alla trasposizione cinematografica di David Fincher, forse “Soffocare” ha goduto di un’eco minore, ma attenti, perché qui Palahniuk sposta l’asticella ancora più al limite costruendo una storia intorno a un protagonista che non è solo un antieroe, è l’anello marcio in una catena ben oleata che non sopporta chi cerca di evadere dalla sua morsa.

Victor Mancini è un sesso dipendente e come ogni tossico che si rispetti sta partecipando agli incontri e sta seguendo i famosi step che dovrebbero portarlo alla guarigione. Peccato che a lui di essere un sano americano medio non importa assolutamente nulla.

Tra tête-à-tête con l’altro sesso curiosi e a volte esilaranti, il lavoro come figurante in una rievocazione storica dell’America coloniale del 1700 e le visite alla clinica dove la madre malata d’Alzheimer nasconde il segreto della sua nascita, Victor trova anche il tempo di “soffocare” in vari ristoranti della città e di lasciarsi salvare dall’eroe di turno che da quel momento in poi sarà disposto a mandargli anche delle piccole cifre di denaro per rivivere all’infinito quell’unico momento di gloria che la vita gli ha concesso.

Se poi aggiungiamo un qualcosa di molto simile a un “amore che è panna montata a veleno” per una dottoressa della casa di cura dalla dubbia stabilità emotiva che è “una vipera in cerca di un bacio” il gioco è fatto.

Tutti intorno a lui sono pronti a giudicarlo, a metterlo alla gogna. Lo vogliono libero dalla dipendenza da sesso, pretendono che sia un figlio amorevole anche se la madre non ha fatto altro che uscire e rientrare in prigione difendendo le sue strane teorie complottiste, lo vogliono riconoscente per tutto quello che in realtà non ha mai avuto.

Ma Victor reagisce come Achille Lauro e quindi si dia il via alle danze che tanto di costumi strani ne sono ben provvisti entrambi, lasciamoli cantare a squarciagola un bel “Me ne frego” e guardiamoli dimenarsi al ritmo delle parole “dannate cose che mi piacciono. Ci son cascato di nuovo, ci son cascato di nuovo, pensi sia un gioco vedermi prendere fuoco”.

Entrambi lo sanno bene che “siamo soli qui, noi sì” e che forse tutto quello di cui si avrebbe bisogno è semplicemente un amico, qualcuno per cui essere importante, un essere umano che per una volta comprenda che non è questione di buttare tutto all’aria per un capriccio, è questione di riuscire a trovare un valido motivo per tornare ancora una volta a respirare.

“Sono qui, fai di me quel che vuoi”, questo è quello che urla Victor dal limbo in cui vive da una vita, diviso per sempre tra la voglia di essere amato e la paura della responsabilità che esso comporta. La sua è una storia che ha lo stesso scopo che Achille Lauro ha dato alla sua canzone perché come lui stesso ha detto: “Me ne frego è un inno alla libertà di essere ciò che ci si sente di essere. Me ne frego, vado avanti, vivo, faccio: questo è il messaggio che ho voluto dare con la canzone, è questo è il vero senso della scelta dei personaggi che io, il mio condirettore creativo Nicoló Cerioni e il mio manager e responsabile progetto Angelo Calculli abbiamo pensato di portare sul palco dell’Ariston. Menefreghisti positivi, uomini e donne liberi da qualsiasi logica di potere”.