#extraconfine – Massimiliano, dalle piattaforme petrolifere al ristorante in Cambogia…e oltre: “Sino alla fine alla ricerca del posto ideale”

#extraconfine è una nuova rubrica de lextra.news che cerca, spera, sogna di raccontare le storie di un po’ di italiani sparsi per il mondo: partendo – come è partita l’avventura giornalistica del sito – da Tarquinia ed andando a caccia di belle realtà da condividere. Con una regola: ad ogni protagonista il compito di indicare – come in una catena – il nome di un’altra persona #extraconfine, di un’altra storia che meriti di essere raccontata.

Qui il link per l’archivio delle storie

(s.t.) “Al momento sono un po’ in un limbo non ben definito. Sono da poco tornato da un periodo di quasi tre anni in Cambogia, attualmente sono tra Russia e Kazakistan, ma credo sia temporaneo: mia moglie è kazaka, stiamo vedendo se possiamo fare qualcosa qui per qualche tempo, ma contiamo di tornare in Cambogia, in un’altra citta, ed aprire di nuovo il nostro “Globetrotter”. Ti terrò aggiornato”. Massimiliano, 49 anni, esprime alla perfezione in una frase la filosofia di #extraconfine: la voglia di scoprire il mondo e raccontarlo.

Nato a Terni, ma trasferitosi a Tarquinia attorno ai 10 anni, ha iniziato a viaggiare – per piacere, poi per lavoro, quindi per piacere di nuovo – dal 1989. “Poi, tra una cosa e l’altra, posso dire che dal 2001 ho iniziato a stare più all’estero che in Italia, sino a che dal 2006 sono stabilmente all’estero”.

Per quasi trent’anni Massimiliano ha lavorato nel settore delle centrali elettriche e delle piattaforme petrolifere, poi ha deciso di tagliare con quel lavoro e ha aperto un ristorante in Cambogia. “Come ho detto per molti anni ho seguito il mio lavoro, poi ho deciso di tagliare di netto e mettermi a fare qualcosa che mi piace. Ma in generale il fatto di spostarmi all’estero è stato un mix di esigenze e curiosità: ho sempre amato viaggiare, al di la del motivo principale per cui lo facevo”.

In Italia non ci torna dal 2011 – “e ultimamente inizio a sentire la voglia di tornare a Tarquinia per un po’ di tempo” – e qualcosa che manca, del paese d’origine, c’è: “Qualche amico. Qualche piccola abitudine. Ma nulla che non si possa veramente ricreare anche in un’altra parte del globo”. Perché, in fondo, quella del viaggiatore è un’indole vera e propria, e Massimiliano riassume questa sensazione in una frase: “Mi immagino di tornare in Italia. Di viverci di nuovo per un periodo, ma poi ripartire. No, non mi immagino di ritirarmi in vecchiaia in Italia come in nessun altro posto: mi immagino di cercare “il posto” ideale fino alla fine”.

Ma ti senti ancora più italiano o più radicato nella “nuova” realtà? “Né l’uno né l’altro. – risponde Massimiliano – Diciamo che sono italiano, mi ci sento ma non ho un patriottismo esagerato, però non ho ancora trovato un posto che mi faccia sentire totalmente “a casa”. Continuo a sentirmi ospite e questo mi piace un sacco: mi dà la sensazione e la sicurezza che il viaggio continuerà”.

“Il posto dove ho aperto il ristorante – continua – si chiama Otres Village, a dieci kilometri dalla citta di Sihanoukville, al sud della Cambogia. Purtroppo ora sono arrivati i cinesi e si sono comprati la città intera. Veramente! Ogni singolo edificio, ogni singolo metro quadrato di terra. Quello che prima era un paradiso fatto di palme e casette di legno ora lo stanno trasformando in una giungla di cemento, grattacieli, casinò, alberghi a cinque stelle. Ecco perché ce ne siamo andati”.

Da emigrato, qual è l’ostacolo più difficile che hai dovuto superare allontanandoti? “Ostacoli veri e propri non ne ho mai incontrati. – racconta – Se uno ha la passione del viaggiare, allora non percepisce nulla come un ostacolo. Fa tutto parte del “cammino”. Anche le buche”. Anche il razzismo. “Che è una forma di idiozia. E l’idiozia, purtroppo, vive un po’ ovunque nel mondo, dunque devo dire che sì, mi è capitato. Per la nazionalità, per la lingua, per le tradizioni e anche per la religione. Ma non me ne sono mai fatto un cruccio”.

Anche perché la provenienza è stata, a volte, una spinta. “Posso dire che il fatto di essere italiano, in molte parti del mondo, è visto come garanzia di alta qualità, dunque in molte occasioni mi ha aiutato anche oltre le mie reali capacità. A volte ci ho fatto leva sul mio essere italiano, devo ammetterlo”.

“Posso dire che il livello qualitativo dell’italiano che risiede all’estero è migliorato molto negli ultimi anni. – continua sul tema – Trent’anni fa la vita in Italia era abbastanza buona e dunque molti di quelli che se ne andavano all’estero erano persone che avevano problemi con la legge o che non sapevano o non volevano fare nulla. Naturalmente c’è anche chi ha solo fatto una scelta di vita diversa. Oggi invece l’Italia non offre più un futuro, non dà spazi, quasi opprime ed ecco che in molti, anche persone valide e creative, si sono trovati costretti a emigrare per trovare il loro spazio”.

Guardandola da fuori – e al netto di affetto e nostalgia – cosa cambieresti dell’Italia?

“Per poterti rispondere adeguatamente direi scrivere per settimane. Diciamo che cambierei tantissimo, ma soprattutto nella mentalità italiana. Il paese è probabilmente uno dei più belli al mondo, con una varietà di paesaggi e tradizioni fantastica. Purtroppo molto spesso l’italiano e l’italianità non fanno onore al paese”.

Viriamo verso temi più… commestibili: c’è un piatto italiano che proprio ti manca e una cosa della cucina tipica di dove vivi a cui non vorresti più rinunciare? “Ho sempre amato cucinare e ultimamente mi sono aperto un ristorante, – risponde Massimiliano – dunque quello che mi manca me lo cucino da solo e faccio godere anche gli altri. Italiani e non. Adoro il riso con salse piccanti e vivendo in Asia questo è diventato come la mia seconda pelle: farei veramente fatica a rinunciarci”.

Con Massimiliano, poi, battezziamo un’idea sfiziosa: “approfittare” degli italiani all’estero che intervistiamo per realizzare una sorta di mappa/guida dei migliori caffè in giro per il mondo.

“In Asia c’è una tradizione molto radicata del caffe. – ci spiega – Ci sono produzioni di caffe autoctone molto buone. Poi nell’Indocina francese la tradizione del caffe e cornetto è una istituzione e mi sento veramente come se fossi al bar Impero! Comunque un caffe strepitoso lo si può avere in uno dei tanti posti chiamati Brown a Phnom Penh, la capitale della Cambogia: caffè e cappuccino molto meglio di tantissimi posti in Italia. Anche il ristorante Enocafe sull’isola di Koh Rong in Cambogia e il ristorante Kampot Seafood and Pepper nella cittadina di Kampot, sempre in Cambogia, fanno veramente dei buonissimi caffè!”.

Chiudiamo, al solito, rilanciando la “catena” di #extraconfine, chiedendo a Massimiliano di “presentaci” un italiano all’estero che abbia una bella storia da raccontarci, così da poterlo contattare e intervistare. “Posso segnalarvi un mio carissimo amico che vive in Cambogia da tanti anni: si chiama Micky Drudi e lo potete trovare su Facebook. Un altro è Gionata Testoni”.