Lettere al Direttore: “Agraria: le terre di collettivo godimento patrimonio dei tarquiniesi protetto dalla Costituzione”

Riceviamo e pubblichiamo

Il 26 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente, dopo l’unanime via libera del Senato, il ddl 4522 recante “Norme in materia di Domini collettivi”.

Da questo momento inizia una nuova storia per Tarquinia e per tutte le Comunità titolari di terreni in collettivo godimento. Dopo anni, un testo legislativo riconosce espressamente la immemorabile storia ed identità dei patrimoni collettivi i quali, da ora, godono della protezione della nostra Carta fondamentale, la Costituzione italiana.

La nuova normativa ha colmato finalmente un vuoto legislativo della Costituzione all’interno della quale si tutelavano solo due forme di proprietà, quella privata e quella pubblica. Rimaneva fuori, pertanto, tutto quell’immenso patrimonio agro-silvo-pastorale ma anche culturale ed identitario rappresentato nel Lazio dagli assetti fondiari collettivi amministrati dalle Università agrarie a beneficio dell’intera Comunità di abitanti. In altri termini ora accanto alla proprietà pubblica e privata la Costituzione riconosce una terza categoria di appropriazione denominata “Domini collettivi”.

Cosa sono e cosa rappresentano per i tarquiniesi i Domini collettivi? I Domini collettivi non sono né beni dello Stato né beni dei privati bensì sono il patrimonio che da tempi remotissimi appartiene all’intera cittadinanza tarquiniese, esprimendo quindi la sua stessa storia ed identità collettiva. Dal 26 ottobre, grazie alla recentissima Legge sui Domini collettivi, tutto questo entra nella Costituzione in forza dell’articolo 1 del suddetto testo nel quale si stabilisce quanto segue: “In attuazione degli articoli 2, 9, 42, secondo comma, e 43 della Costituzione, la Repubblica riconosce i domini collettivi, comunque denominati, come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie”.

Tale articolo segna il trionfo e il riconoscimento legislativo delle Comunità di abitanti, nel nostro caso dei tarquiniesi, i quali sono i legittimi proprietari delle terre collettive e, proprio in quanto legittimi titolari, sono chiamati ad amministarli autonomamente mediante un organo esponenziale che nel caso della cittadina etrusca è l’Università agraria. Va tuttavia rimarcato come l’Università agraria sia solo l’ente gestore mentre la proprietà appartiene alla Comunità di abitanti, lo ribadisco con forza ai TARQUINIESI, che esercitano individualmente o congiuntamente i diritti di godimento sui terreni in proprietà collettiva.

Concludo questa breve comunicazione guardando al futuro di Tarquinia e dei suoi Domini collettivi. Quali opportunità rappresentano concretamente per la cittadinanza?

Le Università agrarie costituiscono oggi l’ideale ponte di collegamento tra tradizione e progresso dal momento che esse non sono più solamente legate agli usi tradizionali del mondo rurale, ma sono patrimoni identitari suscettibili di utilità economica. Questa definizione, apparentemente nebulosa, identifica semplicemente tutte quelle risorse (naturali, ambientali o industriali, artistiche, ecc.) che sono proprie di una determinata comunità insediata in un territorio. Queste risorse sono identitarie allora perché la comunità che vive quelle risorse (pensiamo alla Roccaccia o ancor di più all’Ara della Regina) attraverso l’esperienza, la fruizione e il loro incremento riconosce in esse parte rilevante della propria identità storica, sociale, culturale e ne trae vantaggi e utilità notevoli. Quali sono queste utilitá notevoli? Ecco solo alcuni esempi pratici. Una prima utilità essenziale è legata alla conservazione degli ecosistemi naturali con benefici rilevantissimi per tutto ciò che riguarda la purezza dell’aria, dell’acqua e del suolo. Una seconda funzione riguarda la produzione di beni. La prima attività che ci viene in mente è certamente l’agricoltura e la pastorizia. A questo proposito è essenziale comprendere come i beni collettivi grazie alla loro estensione si prestano alla realizzazione non di piccoli orticelli volti a soddisfare le esigenze di una o due famiglie ma a grandi e moderne aziende agricole che potrebbero rendere grandi benefici alla collettività. Un’altra funzione è poi quella legata al turismo. Qui le possibilità sono infinite e comprendono non solo i beni paesaggistici o archeologici ma anche tutto quello che rientra nel concetto di patrimonio immateriale come le festività religiose, le tradizioni popolari o tutte le attività in grado di ricostruire la storia di un luogo. In tal senso le Università agrarie possono tramutarsi in luoghi di cultura contribuendo a trasmettere soprattutto alle future generazioni tutti i valori legati alla terra.

Prof. Simone Rosati
Universidad Católica de Murcia, Spagna