Pink Floyd – Dal buio alla luce: le stelle cadenti portano a Tarquinia uno spettacolo di alto livello

(s.t.) Qualità e professionalità, abbinate – ieri sera – alla quantità: quella di un pubblico numerosissimo, oltre le attese, che ha gremito non solo la piazza antistante la Chiesa di Santa Maria in Castello, ma anche il tratto fino al Torrione Matilde di Canossa, sin dove si riusciva a scorgere il palco e anche oltre, pur solo per ascoltare.

“Pink Floyd – Dal buio alla luce”, spettacolo che tra musica e parole ha ripercorso temi, emozioni e significati di una delle band più iconiche della storia della musica contemporanea, ha vissuto a Tarquinia il battesimo di un percorso che – alla luce di quanto sentito e visto ieri sera – non sarà breve né avaro di consensi: quanto messo in scena sul sagrato di Castello è destinato, infatti, a farsi spazio nei teatri – cornici sicuramente meno suggestive, ma forse anche più adatte ai contenuti dell’evento – ed a stimolare gli stessi, numerosi applausi sentiti in occasione di questa prima

Un destino scritto non soltanto dalla forte attrazione esercitata dai Pink Floyd, la cui sola evocazione del nome attira fan ed appassionati di musica, ma anche dall’impatto musicale portato sul palco dagli undici musicisti: Giuseppe Calandrini, Alessandro Pascucci, Eleonora Bernabei, Eleonora Santi e Marilena Mazzeo alle voci, Gian Paolo Cipicchia e Lorenzo Passamonti alle chitarre, Massimo Pelo al basso, Gabriele Ripa alle tastiere, Danilo Ciatti al sax e Carlo Schiaroli alla batteria. Un lavoro prezioso non soltanto in termini di prove ed amalgama, ma anche di minuziosa ricerca delle sonorità, costruito in un anno di incontri e ricerca animati dalla voglia di riprodurre quanto più fedelmente possibile le articolate architetture di suoni ed effetti che hanno caratterizzato la musica dei Pink Floyd.

Ad alternarsi con la musica – ma anche a combinarsi con essa, con azioni sul palco durante le esecuzioni – le parole, ispirate ai testi ma capaci di percorrere una strada propria, portate sul palco dagli attori: Francesco Sposetti, Lina Deriu e Giovanni Ciurluini, protagonista di una battaglia tra follia e ragione resa emblematica dalla scacchiera che lo accompagna per tutto lo spettacolo, sino alla liberatoria corsa finale.

Raccontare le sensazioni di uno spettacolo è complesso e, probabilmente, anche giornalisticamente presuntuoso, già che le stesse sono, per loro natura, soggettive. Ciò che di certo va raccontato è la costruzione di un progetto nato, un anno fa circa, dall’intuizione, l’entusiasmo e la passione di Giuseppe Calandrini. Un’idea, quindi, nata a Tarquinia e qui cresciuta, grazie al personale impegno delle persone via via coinvolte. E con, alla base di tutto, tre concetti: passione, competenza e professionalità. Anche esse tutte di marca cittadina, già che gli artisti sul palco provengono o sono legati a Tarquinia: e da premiare, anzi, è la capacità di ricerca, che ha unito sul palco musicisti di età ed esperienze diverse, addirittura riportando allo strumento chi lo aveva pressoché abbandonato.

L’evidenza è che questa città ha in sé – eccome! – i talenti, le energie, le competenze (una citazione, in proposito, la merita anche Antonio Pellegrini ed il suo lavoro con audio e luci) per realizzare iniziative di valore assoluto, senza la necessità di importare, scimmiottare o improvvisare. Semplicemente lasciando il campo a chi sa fare il proprio mestiere e, sin troppo spesso, lo fa magari di tasca propria. Positivo, da questo punto di vista, il supporto “trasversale” della politica, che ha sostenuto a cavallo di due amministrazioni l’evento senza le pretese di presenzialismo (o addirittura organizzazione) ormai quasi abitudinarie nel panorama locale. Ad ognuno il suo lavoro: quello di Giuseppe e della sua troupe è stato svolto davvero bene.