“Sulla vicenda di Desirée non serve propaganda ma rispetto e risposte alle fragilità sociali”

Riceviamo e pubblichiamo

Quando accadono tragedie come queste, troppo spesso, purtroppo, le parole restano strozzate, i pensieri si affollano. Ci si sente turbate, annichilite e ti rendi conto allora che, l’unica cosa giusta pensando a quella giovane donna-una bambina- violentata nel corpo e nell’anima, è il silenzio!

Non ci siamo volute esprimere prima d’ora, certo non per indifferenza né per mancanza di argomenti. Siamo restate sospese in un doloroso silenzio prima di prendere fiato! Questo ennesimo dramma, di cui è protagonista una giovane donna, una di noi, una come noi….io, l’altra me, una figlia, una sorella, una madre, ci ha tumefatto l’anima e non è stato di aiuto il racconto di sadici dettagli, speculazioni propagandistiche sull’etnia degli stupratori di Desiré.

Il cinico desiderio di speculare su ogni dramma umano ci lascia interdette e indignate. C’è un malsano compiacimento nell’umiliare, schernire e far perdere ogni dignità agli esseri umani, anche da morti, che non dovrebbe più essere consentito. Ci vuole pietà! Sì, l’ “humana pietas”, rispetto per il defunto e per i suoi cari. Partecipazione al dolore di chi soffre. Diceva Publio Terenzio – uno dei primi autori latini a parlare del concetto di humanitas – “ Homo sum, humani nihil a me alienum puto” – sono un uomo per cui niente di ciò che è dell’uomo mi è estraneo- ma dove è andata a finire la pietà?

Se un corpo di donna è stato violato, traviato da un uomo, le differenze fisiche, somatiche di quell’uomo non ci interessano, resta comunque un criminale.
È la mentalità maschilista, da usurpatore, da stupratore che va combattuta. Perché-come hanno gridato le studentesse a San Lorenzo- la violenza non ha passaporto, non ha bandiera; gli stupri non hanno nazionalità. Resta il fatto che la violenza la fanno gli uomini e le vittime sono immancabilmente le donne.

Perché, piuttosto, non affrontare con maturità e compostezza il grande problema delle fragilità sociali e delle voragini che si annidano nelle contraddizioni dei nostri centri abitati, con politiche di senso, invece che con facili risposte “spot” come invocare le ruspe o risposte proibizioniste? Il degrado sociale si combatte con il il riscatto di queste aree attraverso il moltiplicarsi di progetti culturali, momenti di incontro, proposte di sane prospettive, di conoscenza dell’altro e di condivisione.

Battiti – Casa delle donne Vetralla