
di Attilio Rosati
Sorge ed è molto forte, un movimento civico apartitico formato da semplici cittadini, in difesa dell’ospedale di Tarquinia. Ne testimonia la vitalità il Consiglio comunale aperto di cui si rende cronaca diffusamente su questo sito e le altre iniziative di strenua difesa della struttura sanitaria da parte degli attivisti, contro il progressivo smantellamento di molti servizi che ne facevano un centro ospedaliero di assoluta eccellenza.
Non deve stupire questa dedizione dei tarquiniesi e la loro sensibilità alla protezione e cura dei malati e degli infermi. Sono sentimenti nobili che si perdono nella notte dei tempi. Già in tardo medio evo l’antica Corneto aveva creato numerosi luoghi di cura. Il più antico, senza dubbio, quello condotto dai frati dell’Ordine di Santo Spirito di Sassia. Ma c’era, in via di Porta Castello, un ospedale di Santa Croce, menzionato per la prima volta nel 1470, ricavato nei locali del cosiddetto “granaio del Vescovo”, l’ospedale della Misericordia, in Piazza Matteotti, l’ospedale di San Clemente, nel palazzo dell’Università agraria, l’ospedale dell’Annunziata, nei pressi della chiesa omonima, L’ospedale delle Repentite, nei pressi della chiesa di San Giacomo, l’Ospedale di Santa Caterina, l’ospedale di San Giovanni Gerosolomitano, dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, eretto nel 1447. C’era persino un ospedale Santa Croce, che accoglieva solo donne, fondato dal Vescovo Bonaventura.
La “moderna” struttura come noi la conosciamo, si deve all’impegno economico e sociale di quattro cittadini benemeriti: Mario Cerrini, Scipione De Alexandris, Arcangelo Carli e Gabriele Polidori. Questi ne finanziarono interamente la costruzione e ne affidarono la gestione alla Confraternita del Gonfalone di Corneto. Divenne ben presto il punto di riferimento di tutto il comprensorio ed un modello di efficienza e dedizione alle cure di malati d’ogni ceto sociale.
Tutto ciò spiega l’accanimento con cui i cittadini di Tarquinia, vedendolo impoverirsi ogni giorno di più in termini di reparti, servizi e professionalità, abbiano iniziato a difenderlo strenuamente. Scomparsi i reparti di pediatria, ostetricia e ginecologia, una splendida unità operativa di anestesia e terapia del dolore che era presa a modello dagli ospedali della Toscana, un grandioso team di cardiologia e uno di ortopedia specialistica, alla fine la cittadinanza, si è incazzata. Ha fatto bene?
