In ricordo di Rosella (con una sola “s”)

di Anna Alfieri

Mi è sempre piaciuto il fatto che Rossella Falk – alta, fredda, maestosa, supremamente elegante, attrice amata da Fellini e da Visconti, musa ispiratrice di Giuseppe Patroni Griffi e di Diego Fabbri – si chiamasse in realtà Antonia Rosa, detta Rosella, con una sola “s”. E portasse il cognome Falzacappa dei Conti nostrani, alla cui famiglia lei – la diva – lontanamente apparteneva in quanto discendente da un ramo cadetto ben distinto dal primario ceppo genealogico. Un ramo che, però, come l’altro più nobile e forse anche di più, era profondamente cornetano.

Per questo la signora del teatro italiano, amica di Maria Callas e di Jean Cocteau, amava Tarquinia. Sentimento che lei stessa inconsapevolmente mi trasmise alcuni anni orsono, in un luogo insolito, mesto, silenziosissimo e, in quel momento, deserto: il cimitero del nostro paese nella sua parte più alta.

Mi trovavo lì, chiusa in un lutto recente, a trafficare con alcuni tristissimi secchi di plastica gialla davanti a tristissime fontanelle, quando sentii dietro di me una presenza a suo modo speciale. Mi voltai e la vidi. Era lei, la mitica Falk che, immobile e severa nel suo perfetto tailleur grigio di taglio maschile e con i capelli a caschetto aggressivo, fissava con sguardo intenso e commosso una tomba presso la quale, quasi in contrasto, una donna vivace e grassottella – forse la sua governante – si affannava a lucidare le lapidi e a mettere piccoli mazzi di fiori qua e là davanti ad ogni fotografia. Era la tomba dei Falzacappa ramo cadetto, dominata dal ritratto di un bel colonnello d’artiglieria in divisa, padre dell’attrice.

Lei non mi vide per niente, anche se restammo entrambe ferme in quel luogo isolato per molti minuti: io, goffa e impacciata con i miei due secchi grondanti d’acqua, lei fascinosa ed intensa come sul più grande dei palcoscenici del mondo. Da questa irradiante intensità emotiva, che l’avvolgeva come un’aura mistica, io capii come Rosella (con una sola ‘s’) amasse la sua famiglia e, con lei, tutta Corneto.

Sentimento che mi venne confermato alcuni anni più tardi quando, durante una premiazione in Santa Maria in Castello, incredibilmente lei iniziò il suo intervento con una frase di Vincenzo Cardarelli che anche io amo moltissimo: «… e per avere un bel paio di corna non è necessario essere nato a Corneto ché da noi le corna fanno così poca paura che si mettono per ornamento sopra i credenzoni».