#extraconfine – “Viaggiare fa bene all’anima e alla testa”: Aldo, chef italiano a Sydney

#extraconfine è una nuova rubrica de lextra.news che cerca, spera, sogna di raccontare le storie di un po’ di italiani sparsi per il mondo: partendo – come è partita l’avventura giornalistica del sito – da Tarquinia ed andando a caccia di belle realtà da condividere. Con una regola: ad ogni protagonista il compito di indicare – come in una catena – il nome di un’altra persona #extraconfine, di un’altra storia che meriti di essere raccontata.

Qui il link per l’archivio delle storie

“Il mio sogno è stato viaggiare, da sempre: il primo ricordo che ho di me da bambino è di sognare di essere un pilota di aerei. In compenso sono diventato uno chef, e credo che il viaggio faccia parte della formazione di chi fa questo mestiere”. #extraconfine torna in Australia, stavolta a Sydney, e lo fa per incontrare Aldo Farroni, 25 anni, nato a Tarquinia e da circa cinque anni in giro tra Europa e Australia – con qualche tappa italiana – per costruirsi il proprio sogno professionale.

“Ho iniziato con il Nord Italia, – racconta – poi Londra, prima di tornare in Italia, a Milano e Treviso, e volare in Australia, prima del ritorno in Europa dove ho lavorato come sous chef in Francia, in Costa Azzurra. Infine, sono tornato a casa per un anno e ho lavorato a Tarquinia, al Tibidabo, con il grande Marco Costa, che stimo molto e che saluto, per prepararmi a tornare qui a Sydney come sous chef per la nuova apertura di Noi restaurant, che probabilmente spaccherà tutto! Ma su questo vi terrò aggiornati, per il momento andiamo alla grande”

“Il ristorante ha aperto da pochi mesi: – entra nel dettaglio – la filosofia che seguiamo è quella di rendere internazionali i piatti italiani e, viceversa, italiani i piatti internazionali. Ci divertiamo, insomma: tra l’altro lo chef coproprietario del locale, Alessandro Intini, è stato uno dei primi personaggi che ho conosciuto lungo questo mio cammino ed è come se stessimo continuando il sogno che avevamo in comune sin dalla prima volta che l’ho incontrato, cinque anni fa, a Londra”.

Insomma, il viaggio come filo conduttore dell’esperienza professionale, come successione di tappe di crescita e filo conduttore. “Sì, questo lavoro mi ha permesso di togliermi molte voglie e realizzare desideri e con il tempo ha capito anche quanto viaggiare diventi fondamentale per il background di uno chef: ti apre la mente e ti permette di capire appieno i gusti e le culture. Ma questo discorso è molto più ampio e non lo fermerei al cibo: viaggiare fa in generale bene all’anima e alla testa e ti rende più consapevole”.

“Chiaro che l’Italia mi manca. – continua Aldo – L’ostacolo più difficile da sempre è stata la mancanza degli affetti, la mia famiglia, i miei amici: sono una persona super emozionale e questo mi è sempre pesato molto e continua a farlo! Sono sempre tornato spesso in Italia, a intervalli più o meno lunghi, ma suppongo che per qualche anno non potrò permettermi più di tre o quattro settimane a casa, anche perché l’Australia è lontana e non è facile organizzarsi”.

“Se invece parliamo di gusti e cucina, la cosa che più mi manca dell’Italia è senza dubbio la facilità con cui puoi trovare del buon cibo e del buon bere a buon prezzo ovunque. Mi manca il provincialismo, inteso nel miglior senso della parola! E più che un piatto mi mancano i prodotti, la materia prima: diciamo che, se me la metti così, ti dico che la cosa che più mi manca è il prosciutto crudo di qualità per cui vado matto. Qui piatti topic non ce ne sono: vai a mangiare in bei ristoranti, trovi ottimi hamburger, ma la propensione per la materia prima manca o costa esageratamente”.

Il percorso di viaggio, però, non è al capolinea per Aldo, che guardando avanti ha le idee chiare e la stessa determinazione che l’ha guidato sinora. “Se penso al futuro, spero di poter diventare padrone della mia professione e poter gestire Il mio tempo. Sicuramente vorrei e voglio tornare in Italia, ne sono innamorato, è casa mia, ma allo stesso tempo non voglio più scendere a compromessi. Per cui sì, un giorno tornerò sicuramente, ma quando potrò dire la mia”.

Un legame con le origini che resta forte, un imprinting quasi che Aldo manifesta con orgoglio. “Mi sento italiano al cento per cento, sono fiero e felice di esserlo, credo che siamo uno dei popoli migliori al mondo nonostante quello che stiamo passando. La nostra adattabilità non è da tutti. E anche se personalmente non ho mai subito razzismo, se non per gioco, credo che certi atteggiamenti negativi verso noi italiani derivino proprio dal fatto che noi italiani sappiamo far bene tante cose e spesso questo non viene visto di buon occhio, ma con invidia, semplicemente perché spacchiamo!”. Il che, però, non nasconde le difficoltà e i difetti. “Dell’Italia cambierei molte cose, a livello burocratico intendo: cambierei le tasse che ti uccidono, la burocrazia che spegne i sogni, i ricchi che sono sempre più ricchi e i poveri che sono sempre più poveri. La classe media sta scomparendo, la situazione è grave e tutto sembra un gioco. Cambierei le sorti ma non posso, quindi cerco almeno di cambiare le mie, sperando che il mio paese diventi più diplomatico e vivibile. Spero nell’Italia, con tutto il cuore”.

Ultimo passaggio della chiacchierata, la “staffetta” virtuale in cui #extraconfine chiede agli intervistati di segnalare un’altra persona da intervistare in giro per il mondo. “The only one! Francesco Dili, – risponde senza esitazioni Aldo – che mi ha ispirato come cuoco, come persona e come viaggiatore: grande amico e persona unica”.