A tutto c’è un limite. Forse.

di Stefano Tienforti

Viviamo nel Paese delle Meraviglie: tutto funziona, tutto va bene. E chi dice il contrario specula, vuole il male della Città, ha interessi occulti e nascosti.

Oggi, ad esempio, il Sindaco del Paese delle Meraviglie se ne è uscito con un comunicato che, stavolta sì, sono lieto di non ospitare sulle pagine virtuali di questo portale. Il tema è, come gli sventurati che hanno letto le righe sopra linkate già sanno, l’arsenico che – per “sfortune” geologiche che riguardano i molti bacini di natura vulcanica della Tuscia – è presente in valori più o meno abbondanti nelle acque rifornite dagli acquedotti pubblici, inclusi appunto quelli di Tarquinia.

E per chi non ha seguito la vicenda delle ultime settimane, la riassumiamo noi, che evidentemente detestiamo Tarquinia, già che ci viene naturale riportare le notizie che altri si son ben guardati di render troppo pubbliche.

Il 2 novembre scorso, con questo articolo, diamo notizia di un’ordinanza (che oggi lo stesso primo cittadino definisce “a scopo cautelativo”) emessa dal Sindaco che di fatto vieta su tutto il territorio comunale – e non solo nelle aree precedentemente indicate da altro, equivalente atto – l’uso dell’acqua erogata dalla rete idrica comunale per quanto riguarda sia il consumo alimentare e potabile per i neonati fino ai bambini con meno di 3 anni d’età e le donne in stato di gravidanza, sia l’utilizzo per le industrie alimentari e per tutte le attività di preparazione degli alimenti in cui l’acqua costituisce elemento integrante e sostanziale.

Un divieto, peraltro, imposto e giustificato in maniera sacrosanta prima dalle normative nazionali ed europee, quindi dai dati (qui quelli aggiornati relativi a Tarquinia), come si vede superiori alla soglia dei 10 microgrammi/litro anche in quei punti di prelievo che interessano il centro urbano. Sin qui, nulla o quasi da dire sull’operato politico, se non aggiungere che da tempo la questione era alla ribalta della cronaca cittadina senza che l’amministrazione avesse preso misure di alcun tipo (ed è grottesco leggere oggi “lavoreremo – le parole sono del Sindaco – per un intervento a vasta scala che risolva la questione a tutti i comuni della provincia di Viterbo”, quando una mozione del consigliere Tosoni già da mesi impegnava in tal senso il Comune).

Il problema è che, di tale ordinanza, il Sindaco non ha inteso rendere partecipe la cittadinanza del Paese delle Meraviglie mediante il mezzo con cui tipicamente s’informa la popolazione: quello dei manifesti pubblici. Tanto da indurre noi de L’extra a formulare al primo cittadino dieci domande a cui, naturalmente, non ha mai risposto: di certo – riteniamo – per non alimentare il nostro astio nei confronti della Città.

Se non che è accaduto che – un po’ per diffusione dei nostri contributi e di quelli di esponenti dei partiti e movimenti cittadini, un po’ per passaparola, un po’ perché ditte specializzate nei controlli sulla sicurezza hanno iniziato ad inviare materiale informativo alle aziende alimentari e di ristorazione cittadine spiegando la situazione – Tarquinia s’è resa conto dell’esistenza del problema, e s’è mossa da sola (che sia masochismo generalizzato?), facendo scattare in maniera spontanea e apartitica una sottoscrizione per invitare l’amministrazione a risparmiare qualche palma con vaso in ghisa, o qualche altro ingombrante suppellettile da strada, ed investire quanto ricavato nell’adozione, urgente e senza ulteriori indugi, delle misure per contrastare con efficacia il problema.

Non sappiamo se l’uscita odierna del sindaco sia da collegare con la petizione, o se nasca spontaneamente nella noia di un sabato mattina in Comune; resta il fatto che, delle sue parole, solo le seguenti ci risultano accettabili e condivisibili: “Occorre recuperare il senso della misura e vedere le cose come stanno”.

Occorre ciò vedere che – se questo discorso può avere senso per un minerale che nell’acqua potabile non dovrebbe esserci affatto, in quanto comunque nocivo per la salute – i valori medi (riproponiamo il link) dell’intero territorio tarquiniese sono tutt’ora ben sopra la soglia, comunque alta, dei 10 microgrammi/litro: perché, sia chiaro, quel limite non identifica un’acqua priva di conseguenze, ma indica già valori accettabili solo per un periodo di tempo limitato, senza rischi per la salute umana.

Occorre, poi, proprio per evitare malintesi ed allarmismi – e magari anche quelle speculazioni che Mazzola pare temere – garantire la massima informazione e comunicazione alla cittadinanza tutta, e soprattutto ai gestori di esercizi che, dalla vicenda, potrebbero ricavare disagi economici e non solo.

Perché, e il Sindaco non finga di non saperlo, non importa che la sua ordinanza fosse cautelativa o meno: la ASL – ecco il link all’informativa – impone comunque, concordemente alla normativa europea, agli operatori del settore alimentare “che l’acqua disponibile per la produzione, preparazione, trattamento degli alimenti sia sicura e cioè contenga arsenico in quantità ricompresa entro 10 microgrammi/litro”. Il che si traduce o nella presenza, nell’azienda, di un dearsenificatore, o in un approvvigionamento alternativo – ove possibile – magari con acqua imbottigliata di sorgente.

Viene insomma da chiedersi se le speculazioni economiche di cui parla il sindaco siano queste imposizioni normative, alle quali i gestori – stante un dato che sfido il Sindaco a smentire – devono o dovranno adeguarsi, già che resta difficile credere che i valori dell’arsenico possano scendere, per di più considerando che d’estate la popolazione cittadina cresce e, con essa, la richiesta di acqua pubblica facente capo alla Talete ed al Medio Tirreno.

Stanti così le cose, qualche altra domanda nasce spontanea. Perché, ad esempio, la popolazione – esercenti inclusi – dovrebbero pagare appieno per l’erogazione di un’acqua pubblica con questi valori di arsenico? Perché il Sindaco minimizza, anche se agli operatori alimentari la ASL parla di obbligo di approvvigionamento garantito dal dearsenificatore o di approvvigionamento alternativo? E ancora, perché nessuna comunicazione pubblica mediante manifesti? E quella della salute – perché di questo si parla – è davvero una preoccupazione inutile?

Domande che cadranno nel vuoto: il Paese delle Meraviglie può attendere, all’ombra delle palme, mentre il suo primo cittadino, con modi di berlusconiana memoria, snobba le domande e vive di monologhi privi di vere risposte.